Nina, la sindrome down e il diritto alla maturità negato dalla scuola "per stress"

La ragazza, con la sindrome di down, avrebbe voluto provare a sostenere l'esame di maturità quest'anno. La scuola che frequenta, il liceo Sabatin, ha ritenuto che per la giovane fosse stressante. I genitori: "Ha il diritto di provarci"

Nina, la sindrome down e il diritto alla maturità negato dalla scuola "per stress"

"Il futuro di nostra figlia è ora in sospeso, ma per lei vogliamo puntare al massimo delle sue possibilità". A dirlo sono i genitori di Nina Rosa Sorrentino, una ragazza di 19 anni con la sindrome di Down, che quest'anno avrebbe voluto sostenere l'esame di maturità. E invece non può farlo perché il consiglio di classe della scuola che frequenta, il liceo Sabatin di Bologna, ha ritenuto che sarebbe "troppo stressante" per lei. Ma la mamma e il papà della giovane non ci stanno: "È un suo diritto", reclamano a gran voce in un'intervista al Corriere della Sera.

Nina e l'amore per la musica

Nina è una ragazza speciale. E non per la sindrome di Down ma perché ha decine di talenti che coltiva con profitto sin da quando era bambina. Le piace la musica: suona il violino, il flauto, la chitarra e il tamburo a cornice. Adora ballare, scrivere poesie e da grande sogna di diventare un'artista a tutto tondo. "Mi piacerebbe insegnare danza - racconta la diciannovenne -e poi il mio sogno più grande è continuare a studiare, diventare un'artista nel campo della musica e del teatro, anche se lo so che è difficile".

È una ragazza in gamba, tenace e adora andare a scuola. Tanto che "alla chiusura a giugno era solita contare i giorni che la separavano dalla riapertura a settembre", ricorda il papà Alessandro. Quando scelse il liceo Sabatin di Bologna, indirizzo scienze umane, alla fine della terza media "fu un colpo di fulmine". Ma oggi, al quinto anno di studi, è stata costretta a scontrarsi contro i muri invalicabili di un sistema scolastico ancora traballante dal punto di vista delle pari opportunità per gli studenti diversamente abili.

Il rititro dalla scuola

Il percorso scolastico di Nina si è temporaneamente interrotto per via "di un'ingiustizia", dicono con tanta amarezza i suoi genitori. Quest'anno avrebbe voluto accedere all'esame di maturità ed essere valutata come qualsiasi altro studente. Ma il consiglio degli insegnanti ha ritenuto che per lei sarebbe una prova "troppo stressante". I genitori, per non far perdere alla figlia la possibilità di conseguire il diploma, requisito imprescindibile per accedere all'università, sono stati costretti a ritirarla dalla scuola.

La decisione è motivata dal fatto che, per gli studenti con disabilità, gli insegnanti delle classi superiori possono optare per tre programmi: ordinario, personalizzato con obiettivi minimi (equipollenti) che porta, al termine del ciclo di studi, all'ammissione all'esame di Stato. Il punto è che, nel merito, non si tratta di un diploma vero e proprio ma di un attestato che riconosce le competenze acquisite dal maturando, proprio come sarebbe nel caso della 19enne. I genitori spiegano che la scelta era stata fatta all'inizio del liceo: "Non volevamo metterci in contrasto con la scuola appena arrivati. - spiegano -ma ci dissero che il percorso poteva essere modificato in qualunque momento". Nel corso degli anni, Nina ha fatto passi da gigante. Tanto che i genitori hanno deciso di chiedere alla scuola "di poter mettere in campo una progettualità didattica che portasse a lungo termine nostra figlia al raggiungimento di quegli obiettivi minimi - chiariscono il papà e la mamma della ragazza -necessari per poter essere ammessa in quinta all'esame di maturità". Così non è stato.

Il referto del Ceps: "Può sostenere l'esame"

I genitori di Nina si sono fatti aiutare dal Ceps (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), dall'associazione nazionale CoorDown e dai docenti di Scienze dell'Alma Mater per realizzare un progetto-pilota per Nina. Lo hanno proposto alla scuola ma, i primi di marzo, hanno ricevuto il diniego definitivo dal consiglio di classe: "Il perché è quello che ci tormenta - spiega papà Alessandro - Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l'esame. Non abbiamo mai chiesto che le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci".

La posizione "irremovibile" della scuola

Nonostante gli sforzi dei genitori, e del team di consulenti a cui si sono rivolti, la scuola resta "irremovibile" - scrive la giornalista Micaela Romagnoli sul Corriere.it - ritenendo che per la ragazza sarebbe un obiettivo "troppo impegnativo", al punto da causarle "stress e frustrazione". "È una possibilità che le è stata negata - commenta Giovanni Lacoppola, referente scuola per CoorDown -è mancata una visione. Sono tanti i casi.

Si dovrebbe lavorare di più tutti insieme per un’inclusione vera che deve proprio partire dalla scuola. Senza un diploma questi ragazzi fanno fatica a essere poi inseriti a livello lavorativo". Nina aveva il diritto di provarci.

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