Senza patente sui social si finisce fuori strada

Si possono utilizzare Facebook, Instagram, X e Tik Tok senza avere una sorta di patente che ne garantisca il corretto utilizzo?

Senza patente sui social si finisce fuori strada
00:00 00:00

C'è una teoria, in bilico tra il serio e il faceto, che circola da anni e che, come riporta Anacleto Verrecchia, ha un padre particolarmente illustre e arguto di nome Giuseppe Prezzolini: «Se c'è qualche cosa di irrazionale al mondo questo è la democrazia. Che cosa di più irrazionale di uno Stato che impone un esame per guidare l'automobile e non lo impone per chi vota, come se scegliere la direzione di uno Stato fosse più facile che scegliere la direzione di una macchina?». La teoria è ovviamente una geniale provocazione, ma se la traslochiamo direttamente nel mondo e nell'era dei social media ridiviene perfettamente attuale e veste come un abito sartoriale la realtà dei nostri giorni.

Si possono utilizzare Facebook, Instagram, X e Tik Tok senza avere una sorta di patente che ne garantisca il corretto utilizzo? E, come dimostra il caso del professore campano che ha minacciato la figlia della Meloni, il curriculum, la preparazione culturale e financo il ruolo sociale - l'insegnante... - non sono sempre sufficienti a metterci al riparo da obbrobri e mostruosità. Quello che si diceva al bancone di un'osteria al terzo bianco tra quattro amici non può essere trasportato sulle piattaforme sociali senza vagliarne le conseguenze. Perché quelle parole non uscivano dal confine delle tende perlinate dei bar anni Ottanta, rimanevano confinate dietro a un bancone sul quale potevano scivolare anche le più bestiali idiozie. Le parole, gli insulti e le minacce affidate ai social network, invece, possono arrivare ovunque, raggiungere milioni di persone. E, ci dispiace, ma «ignorantia non excusat», non si possono non conoscerne le potenzialità, sarebbe come difendersi da un'accusa di omicidio dicendo che non si sapeva cosa fosse e a cosa servisse una pistola. O, strapazzando un po' Prezzolini, lasciare i social in mano a sconsiderati è come far guidare uno scuolabus in pieno centro a un autista senza patente.

Perché i nuovi media non sono solo gallerie infinite di pelosi gattini o poco edificanti meme, nelle mani sbagliate possono diventare delle macchine infernali capaci di incubare odio e moltiplicarne la portata.

Nell'uno vale uno della democrazia digitale, lo svitato del villaggio ha la stessa voce in capitolo del presidente della Repubblica. E può minacciarlo, con l'irragionevole possibilità che i suoi deliri arrivino al destinatario. Perché un insulto recapitato su Facebook è come la paradigmatica palla di neve che rotolando diventa una rovinosa valanga.

E, dunque, se costringiamo un quattordicenne a conseguire un patentino per guidare un motorino, non si capisce perché non si chiedano garanzie e credenziali a chi, pensando di essere al bar, delira di fronte a milioni di persone. E questo, prezzolinianamente, è ancora più irrazionale della democrazia.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica