Quindi, oggi...

Perché Soumahoro è colpevole, evviva il premierato e Shani Louk: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: l'arresto della famiglia del deputato con gli stivali, la morte di Shani Louk e le riforme costituzionali

Perché Soumahoro è colpevole, evviva il premierato e Shani Louk: quindi, oggi...

- Leggo questo pezzo di Roncone su Pino Insegno: “Le stagioni di grazia, per ciascuno di noi, vanno e vengono. Ma nessuno sa riconoscerle subito. Pino […] s’era invece convinto fosse tornato il suo turno (nella Rai controllata dal Pd — quando era al culmine del successo, quando con Reazione a catena faceva anche il 30% — fu allontanato di botto: "Insegno? Insegno è fascio»)". Chi critica la Rai di oggi forse dovrebbe ricordare sulla base di quali principi di merito venivano cacciati i presentatori: presunto fascio, sei fuori. Alla faccia della democrazia.

- Il goal di Raspadori è stato il primo su calcio di punizione in questa stagione, a due mesi dall’inizio del campionato. Non perché i portieri siano più bravi che in passato, il problema è che difettano i piedi buoni.

- Shani Louk, la ragazza israeliana prelevata da Hamas al rave party vicino alla Striscia di Gaza, è morta. "È stato trovato il suo cranio - ha detto il portavoce israeliano - Ciò significa che questi animali barbari e sadici le hanno semplicemente tagliato la testa mentre attaccavano, torturavano e uccidevano”. In fondo, i video circolati nelle prime ore lasciavano poco spazio all’immaginazione: la ragazza era riversa su un pickup con le gambe spezzate, mentre i terroristi le sputavano addosso. Ora mi chiedo: le femministe di Non una di meno, che nei giorni scorsi hanno proposto una “lettura transfemminista” della guerra, chiedendo di fermare il genocidio del popolo palestinese, non hanno nulla da dire su questo barbaro femminicidio? Niente?

- Il caso giudiziario della famiglia Soumahoro mi interessa poco. Nel senso che il garantismo ci impone di attendere i tre gradi di giudizio per fare ragionamenti sul piano giuridico. Quello che appare accertato, tuttavia, sono le precarie condizioni di vita cui erano costretti i migranti ospitati nei centri delle cooperative di accoglienza della famiglia di Soumahoro. E questo non lo si evince da particolari indagini della procura, bensì dalle ispezioni della prefettura, dei vigili del fuoco e dell’Asl, oltre alle ormai note testimonianze di ex dipendenti della Karibu o del Consorzio Aid. Dunque qui più che degli arresti, che non mi fanno gioire, vorrei parlare delle responsabilità politiche di Soumahoro: poco importa se è indagato o meno, anzi siamo contenti che non lo sia, il problema è che Aboubakar andava in giro per l’Italia a denunciare lo sfruttamento dei braccianti ma si era stranamente dimenticato di controllare, prime tra tutte, le cooperative più vicine a lui. E questo ad un esponente politico con gli stivaloni di gomma non lo si può perdonare.

- Detto questo, "arrestare" la suocera e la moglie di Soumahoro un anno dopo il cancan mediatico mi sembra un tantino esagerato. Voglio dire: in carcere, in attesa di giudizio, ci si va solo in caso di rischio di fuga, reiterazione del reato o inquinamento delle prove. Mi volete dire che 12 mesi dopo la pubblicazione delle notizie sull'indagine a loro carico era davvero necessario mettere Maria Therese e Liliane agli arresti?

- Per mesi abbiamo appeso l’immagine di Patrick Zaki su tutte le facciate dei Comuni d'Italia a guida centrosinistra. Lo abbiamo per fatto per un ragazzo egiziano, che non parla una parola di italiano e che è stato nel Belpaese solo qualche tempo per studiare a Bologna. Mi chiedo, allora, per quale motivo lo stesso non stia accadendo in favore della povera Amina, lei sì cittadina italiana, arrestata in Kazakistan con l’accusa di traffico internazionale di droga. Una imputazione che la famiglia ritiene “infondata” e a cui avrebbero fatto seguito maltrattamenti, 18 giorni di segregazione e pure tentativi di stupro. Come mai non percepisco lo stesso spirito di iniziativa nei confronti di Amina dimostrato invece per Zaki?

- "Il presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni. Le votazioni per l’elezione del presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale. La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio assegnato su base nazionale garantisca ai candidati e alle liste collegati al presidente del Consiglio dei ministri il 55 per cento dei seggi nelle Camere. Il presidente del Consiglio dei ministri è eletto nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura". Lo prevede la bozza della riforma costituzionale. Se la approvano così, per davvero, vado in pellegrinaggio a Lourdes in ginocchio.

- Una delle cose migliori di questa riforma sta proprio nell’inserimento del premio di maggioranza in Costituzione. Perché? Semplice: perché impedirebbe di fatto a futuri governi di riportarci al proporzionale tramite una leggina elettorale, come da tradizione: per farlo, dovrebbero approvare un’altra legge costituzionale che richiede tempo e molti voti. In fondo, ad un Paese moderno serve stabilità: per l’economia, per gli investimenti e per la lungimiranza delle scelte politiche. Il modo migliore per ottenerla è avere un premier eletto e una maggioranza il più stabile possibile. Bene così.

- Da dieci e lode anche l’addio ai senatori a vita. Questo impedirebbe non solo un futuro “Monti-Bis”, col senatore nominato poco prima di essere spedito a Palazzo Chigi. Ma anche che i Presidenti della Repubblica si “facciano” un loro pacchetto di voti a Palazzo Madama in grado - a volte - di condizionare la tenuta dei vari governi.

- L’idea della norma anti-ribaltone è curiosa, anche se non convince. Mi spiego. Se un premier viene eletto direttamente dal popolo, le opzioni sono due: o finisce la legislatura oppure - se viene a mancare la maggioranza - va a casa e si torna al voto. Questo nel mio mondo ideale. Lasciare la possibilità ai parlamentari di cacciare il premier e mettere al suo posto “un parlamentare della maggioranza che ne attui il programma votato dagli elettori” mi sembra un tantino rischioso. Prima domanda: la fiducia a questo nuovo presidente chi la dà? La stessa maggioranza o potrà andare a cercare anche i voti delle opposizioni? Seconda domanda: siete sicuri che eviterà i ribaltoni? Prendiamo un esempio dal passato, tipo Gianfranco Fini. Con questa riforma, sfiduciato Berlusconi, Fini avrebbe potuto ottenere dal Capo dello Stato l’incarico di formare un nuovo esecutivo, essendo stato eletto nella “lista” collegata al presidente eletto. Direte: c’è la clausola successiva, che prevede l’obbligo per il nuovo premier di attuare “gli impregni programmatici” su cui il predecessore aveva chiesto la fiducia alle Camere. Bene. Ma chi dice che lo farà? Voglio dire: basterebbe fare un discorso di insediamento generico, promettere mari e monti e, una volta nominato, fare l’esatto opposto di quanto promesso dal premier eletto e poi spodestato.

Mi pare ci sia il rischio di ritrovarsi punto e daccapo.

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