Giannino Della Frattina
nostro inviato a Kabul
Il giubbotto antiproiettile stringe come un sarcofago, lelmetto kaki preme sulle tempie. Il vento dellaltopiano entra freddo dai portelloni laterali dellelicottero. Aperti perché da lì due rambo dellesercito puntano i mitragliatori verso il suolo. Per difendere un obiettivo fin troppo ghiotto a tre giorni dallinsediamento del primo Parlamento dellAfghanistan. I terroristi ormai sanno che qui il male fa più notizia del bene. E avvelenati di ideologia e religione malata arrivano anche da lontano per rubare ancora un po di vita e di futuro alla gente di queste parti.
«Magari verrò a Natale a Kabul per salutare i soldati», aveva promesso Gabriele Albertini ad agosto al generale Mauro Del Vecchio in partenza da Milano per comandare la missione Isaf. Con sé aveva portato la bandiera della città donatagli dal sindaco. La stessa che oggi occupa tutta la parete alle spalle della scrivania dalla quale comanda i contingenti di 36 nazioni. Oltre 8mila soldati che cercano di strappare un popolo a terroristi, signori della guerra, mercanti darmi, coltivatori e trafficanti di oppio. Di questi militari un quarto sono italiani, limpegno allestero oggi più importante. Natale è arrivato e il sindaco ha mantenuto la promessa. Proprio nel giorno in cui a Kabul, prima di volare in Irak, è arrivato anche il capo di Stato Maggiore della Difesa, lammiraglio Gianpaolo Di Paola che al momento del brindisi di auguri non riesce a non commuoversi di fronte a ragazzi e non più ragazzi in mimetica e anfibi. Molte regioni, molti dialetti, la stessa faccia contenta per un lavoro diverso. Che porta lontanissimo da casa anche a Natale, ma che forse dà un sapore diverso alle giornate.
Lelicottero riparte e vola radente verso laltro campo dove ha sede la brigata degli italiani. A terra ragazzini corrono in mezzo alla polvere dietro a una palla. Oggi giocano. Ieri, forse gli stessi, tiravano i sassi contro i blindati delle missioni di pace. Probabilmente senza sapere nemmeno loro perché. Tuttintorno ancora polvere e polvere. E terra buona solo per la carestia. Scarnificata dal sole e da quasi trentanni di guerra. Solo lultima in un Paese in cui probabilmente nessuno più ricorda neppure che cosa sia la pace. E in cui solo ieri un missile ha inseguito un elicottero americano. Sarebbero di più se non fosse che costano e spararli è un lusso.
Sono in pochi, ovviamente, a pensarla così. Qui dove i militari italiani sono amati come sempre. In certe zone del Paese tutto quello che cè lhanno costruito loro. Come ad Herat dove nemmeno i minareti sono scampati alle bombe. La gente ormai lo sa che le mimetiche con il Tricolore non significano solo sicurezza, ma anche il sogno di acqua, elettricità, infrastrutture dove la guerra non ha lasciato più nulla. E poi gli ospedali e le scuole. Miraggi che diventano realtà grazie allimpegno di chi ha deciso che la divisa può significare anche e magari soprattutto solidarietà.
In serata, nellufficio del generale Del Vecchio, quello con la bandiera di Milano a fianco della fotografia del presidente Hamid Karzai, il collegamento con il Tg4 di Emilio Fede. Aspettando, il sindaco ridacchia sentendo la notizia dellultima gaffe dellaspirante premier «centrosinistro» Romano Prodi che strafalciona dicendo che lui a Roma non ci vivrebbe mai. Chissà a Kabul. Poi tocca a Del Vecchio. «Vi saluto - imposta senza fatica la voce allenata al comando - a nome di tutti quelli che qui stanno cercando di portare limmagine dellItalia in un Paese che tanto ha sofferto». Lo ringrazia Albertini. «Sono felice di esser qui con un milanese per scelta. E lo ringrazio per la cartolina che mi ha regalato. La riproduzione di un manifesto che è stato affisso in tutto lAfghanistan. Un collage con una mano che mette la scheda in unurna elettorale e labbraccio tra un poliziotto e un militare afghani con un alpino italiano. Ecco, questo è il senso di ciò che siamo venuti a far qui. Democrazia e solidarietà tra i popoli. Un messaggio che è stato perfettamente recepito. Certo, ci sono ingaggi ed episodi non piacevoli, ma il nostro scopo è portare la libertà». Qualche ora e il collegamento è con una piazza Duomo stracolma di gente.
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