Cronaca locale

«Aule senza riscaldamento A lezione con il cappotto»

Pietro Farneti, responsabile di Risvegli: encomiabile lo sforzo dei professori, spesso volontari, ma la qualità andava migliorata

Augusto Pozzoli

Via Quaranta, da sempre una scuola tutta particolare. Per bambini e per adulti. Dal giugno di quest’anno era stato impiegato anche Antonio Cuciniello, docente di origine napoletana reduce dal Cairo. «Là, alla scuola dei Salesiani, per oltre 3 anni, ho insegnato italiano a ragazzi che parlavano arabo e che, nonostante fosse una scuola cattolica, professavano anche la religione islamica. Studenti di ogni fede e livello sociale, che per noi erano tutti uguali». E dal Cairo a Milano, in via Quaranta.
Su un progetto di insegnamento della lingua italiana agli immigrati egiziani coordinato dall’associazione di volontariato Risvegli, ente che da anni collabora con la struttura islamica. Un’attività che il docente napoletano ha svolto con particolare impegno: «Qui avevo di fronte allievi culturalmente più poveri di quelli che avevo in Egitto. Un lavoro di alfabetizzazione di base, con non poche difficoltà di apprendimento. La conoscenza della nostra lingua per loro è la possibilità di poter capire e farsi capire, un requisito indispensabile per svolgere qualsiasi attività». Dopo questo impegno, adesso anche Cuciniello non sa che cosa succederà da lunedì.
Come si impostava l’attività didattica della scuola che il Comune ha dichiarato inagibile, lo spiega Pietro Farneti, responsabile di Risvegli: «La giornata scolastica prevedeva i programmi della scuola egiziana e quelli della scuola italiana. Dunque le lezioni tradizionali che si studiano in tutto il mondo, dalla storia alle scienze, e la doppia valenza della lingua: l’arabo e l’italiano. In più la religione, quella islamica ovviamente». E gli insegnanti? «I programmi islamici erano svolti da alcuni loro connazionali. Tra loro c’era anche un maestro e collaborava una maestra italiana, praticamente a titolo volontario. E se c’è una perplessità da sollevare in questa organizzazione didattica forse è la qualità dei docenti. Ma chi frequenta via Quaranta è gente povera, a cui non si può chiedere una retta sufficiente per impiegare dei professionisti qualificati. Lo sforzo resta comunque encomiabile, soprattutto se si tiene conto che a fine anno la prospettiva era quella di presentarsi agli esami di idoneità: idoneità italiana presso una scuola statale e idoneità egiziana, presso il loro consolato. E quasi tutti con quegli esami ogni anno si mettevano in regola». Ed è su questa base che la procura dei minorenni di Milano l’anno scorso quando interrogò i genitori di quegli allievi in seguito alla denuncia per evasione dall’obbligo scolastico ritenne l’accusa infondata. «La situazione andava certamente adeguata – continua Farneti –. Non dimentichiamo che da sempre d'inverno i bambini entravano in aula con i cappotti perché la scuola non era riscaldata. Anche la qualità dell'insegnamento andava migliorata, ma per tante famiglie egiziane è una risorsa preziosa. I genitori portavano anche i neonati, nel nido, per poter andare a lavorare.

Non solo scuola, dunque, ma una sorta di oratorio islamico: un vero e proprio servizio sociale per risolvere mille difficoltà».

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