Auto, è allarme per i fornitori europei E spostarsi a Est conviene sempre meno

Crescono i rischi legati alle materie prime. Esplode il costo del lavoro in Romania e Polonia

da Milano

Tempi duri per i fornitori delle case automobilistiche. L’allarme riguarda soprattutto quelli con base in Europa i cui rischi, in seguito a uno studio di AlixPartners, tra i leader mondiali nel turnaround e nelle ristrutturazioni aziendali, hanno subito un’impennata nel 2007. In cattiva salute, secondo l’indagine, è il 19% delle aziende del settore rispetto all’11% del 2006. In forte miglioramento, invece, è la situazione negli Stati Uniti dove le società a rischio sono scese, tra il 2006 e il 2007, dal 30 al 21 per cento: i molteplici fallimenti degli anni scorsi hanno ridisegnato razionalmente il comparto. Più o meno stabili giapponesi e coreani. AlixPartners ha preso in considerazione le più importanti aziende della componentistica, quotate nelle varie piazze finanziarie. «Quello che appare dallo studio - spiega il managing director Giancarlo Poli - è che la salute media delle società è in generale migliorata ma, paradossalmente, all’interno di questa media si è assistito a un forte peggioramento di alcuni attori specifici». A condizionare il business della componentistica sono soprattutto i costi legati alle materie prime che vengono recuperati solo parzialmente dai gruppi committenti. Ma c’è un nuovo fenomeno che sta incidendo pesantemente su queste aziende: è una sorta di effetto boomerang per chi ha deciso di dirottare congrui investimenti nell’Est.
Nei Paesi dell’ex blocco sovietico è in corso una profonda trasformazione. Risultato: il costo del lavoro, anche se ancora a livelli inferiori rispetto all’Occidente, non è più così conveniente. AlixPartners ne ha registrato l’incremento tra il 2004 e il 2007: più 52% nella Repubblica Ceca, più 58% in Polonia (a Tychy è operativo uno dei più importanti siti Fiat), più 66% in Slovacchia e più 129% in Romania. Ma anche in India e Cina produrre diventa sempre più oneroso: più 60% e più 65% rispettivamente. «E anche in questo caso - aggiunge Poli - i fornitori hanno difficoltà a recuperare l’handicap dalle case automobilistiche. Se prima il costo del lavoro in queste realtà rappresentava un ventesimo, nel raffronto con un Paese occidentale, adesso siamo a un decimo e presto arriveremo a un settimo. E così via. È una dinamica che ha sorpreso un po’ tutti: nessuno si aspettava una velocità di trasformazione del genere». A questo punto, un’azienda che ha trasferito il suo business all’Est deve fare i conti con tante variabili. Oltre ai costi di produzione, ci sono le spese legate alla logistica, alla gestione dell’azienda attraverso personale specializzato solitamente della casa madre, nonché quelle legate al mantenimento degli standard di qualità.

Tutte uscite che, alla fine, riducono notevolmente il margine di abbassamento dei costi, obiettivo principale per un’impresa che ha scelto di delocalizzare.
Non è un caso che, in questo momento, le regioni del Sud degli Stati Uniti siano considerate da molti fornitori più convenienti per i sussidi messi in campo e i livelli di preparazione della manodopera.

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