Auto, campanello d’allarme di Citigroup

da Milano

Altra giornata d’incertezze per il settore automobilistico penalizzato anche ieri dai timori che la crisi scatenata dai mutui subprime possa contagiare un comparto dove il ricorso ai finanziamenti per l’acquisto dei veicoli è elevato. La paura maggiore è che questi problemi, insieme al caro petrolio e al supereuro, che rende dura la vita delle case che esportano negli Usa, possano determinare un ulteriore rallentamento della domanda, come già accade negli stessi Stati Uniti e in Giappone, mentre l’Europa è al palo. Ecco allora titoli come Volkswagen (meno 0,84%), Porsche (meno 0,69%) e Continental (meno 0,82%) perdere terreno, mentre Fiat, dopo il tonfo di mercoledì (meno 5,3%) che ha portato le azioni sotto quota 17 euro, ieri è riemersa nel finale dopo una seduta negativa. Il Lingotto, che ha oscillato da un minimo giornaliero di 16,97 a un massimo di 17,9 euro, con un’escursione pari al 6%, ha chiuso mettendo a segno un più 0,7% a 17,66 euro, tra scambi fiume per 71,79 milioni di pezzi, pari al 6,6% del capitale.
In questo clima tutt’altro che sereno è arrivata inoltre la revisione al ribasso, da parte di Citigroup, della propria pagella sul settore auto europeo a underweight da neutral, allo scopo di controbilanciare la decisione di alzare il giudizio sul comparto prodotti per la cura della persona e farmaceutico (più 4,9%) a neutral da underweight. Sull’auto viene comunque rilevato come le incognite rimangono la debolezza del dollaro, i consumi Usa, la crisi del credito e il rallentamento dell’economia globale. Inoltre, costi aggiuntivi in ricerca e sviluppo per l’adeguamento alle nuove leggi ambientali (la lotta alla Co2) potrebbero premere sui margini.
«Quello dell’auto è un settore ciclico - commenta l’analista di Mediobanca, Massimo Vecchio - e quindi il rallentamento in corso non deve stupire. Esiste, comunque, il problema dei finanziamenti il cui impatto sul mercato è chiaro, visto che il 50% delle vendite avviene attraverso le rateizzazioni. Ci sono costruttori, in proposito, che devono buona parte dei propri utili alle società finanziarie che possiedono. Fiat, però, in questo contesto è meno esposta avendo ridotto le attività di financing per ragioni di rating».
Le case automobilistiche fanno sempre più affidamento, per i propri risultati finanziari, sui risultati ottenuti nei mercati fuori dai confini nazionali. E la battaglia decisiva, in proposito, si gioca soprattutto nelle aree emergenti. In Brasile, per esempio, Paese chiave per i risultati finanziari del Lingotto, a cercare di mettere i bastoni tra le ruote alla leadership italiana è ora Renault attraverso il suo marchio low cost Dacia.

E un primo segnale, che non è sfuggito ad analisti e osservatori, è il passo indietro a livello di quota mercato compiuto da Torino in ottobre: dal 27,4% di un anno fa al 25,9% del mese scorso. E il recente viaggio dell’ad Sergio Marchionne in America Latina, ufficialmente per visitare l’impianto argentino di Cordoba, potrebbe anche essere servito per tenere alta la tensione nel vicino Brasile.

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