Auto in crisi e aiuti Ue Tutti i grandi a confronto al salone di Ginevra

Dal 5 marzo Ginevra sarà il crocevia dell’industria automobilistica mondiale e di tutti i suoi problemi. La grande crisi che ha messo in ginocchio il settore, i nuovi aiuti chiesti da Gm e Chrysler alla Casa Bianca, i rapporti tra costruttori e Unione europea, le polemiche sul protezionismo, gli accordi in essere e quelli in divenire: tutti temi che saranno affrontati nei giorni di apertura del Salone, il più importante a livello mondiale con Detroit, Parigi, Francoforte e Tokio. A poco più di una settimana dal via, sono sempre gli Stati Uniti al centro dell’attenzione. In attesa che il presidente Barack Obama decida il destino di Gm e Chrysler, si pronunci cioè per il mega-prestito o la bancarotta guidata, i primi dati sulle vendite di veicoli a febbraio si prospettano fortemente negativi. Alla luce delle indicazioni di metà mese, gli analisti stimano un calo del tasso annuo di immatricolazioni sotto quota 9 milioni. «Nessuno compra più auto - afferma Stepanie Brinley, analista di AutoPacific - e il settore continuerà a collassare; così occorreranno altri soldi». Complessivamente ammontano a quasi 100 miliardi di dollari i sostegni reclamati dall’intera filiera per sopravvivere. Ai 39 miliardi chiesti da Gm e Chrysler vanno infatti aggiunti i 25,5 miliardi sollecitati dai produttori di componenti e i 25,4 chiesti per ristrutturare gli impianti e costruire veicoli più efficienti. Un pozzo senza fondo. A Ginevra, comunque, sia Rick Wagoner sia Bob Nardelli, i numeri uno di General Motors e Chrysler, non ci saranno. Entrambi hanno deciso di rimanere a Detroit in attesa di novità sul fronte degli aiuti, pronti a volare a Washington se la situazione dovesse sbloccarsi.
Entro il 31 marzo, infatti, il Congresso si dovrà pronunciare. Secondo Moody’s, i due gruppi hanno il 70% di probabilità di chiedere la bancarotta. Al verdetto della Casa Bianca è appesa anche l’alleanza di Chrysler con Fiat e, con essa, tutti i piani di sviluppo del Lingotto nel mercato nordamericano. L’estrazione del biglietto della lotteria, come l’ad di Fiat, Sergio Marchionne, ha paragonato l’alleanza con Chrysler, è dunque più vicina. Se per Nardelli l’estrazione risulterà «vincente», il suo gruppo dovrà tenere duro, grazie al piano di ristrutturazione appena annunciato, per almeno 24 mesi. È il periodo di tempo, in pratica, che occorrerà all’alleanza con Fiat per dare i primi frutti.
L’eventuale fallimento, per cause di forza maggiore, delle nozze con gli americani potrebbe avere per il Lingotto una sorta di effetto domino. La stretta di mano tra Marchionne e Nardelli ha infatti creato scompiglio nei rapporti tra gli italiani e Bmw. E non è un mistero che anche questa alleanza, in parte sbilanciata su un ipotetico business Usa proprio di Fiat, sia pure appesa a un filo. Le parti continuano a trattare ma i punti d’interesse comuni si sono ridotti. Fatto sta che Bmw ha avviato ufficialmente colloqui con i rivali di sempre, ovvero Mercedes-Benz, per un rafforzamento della cooperazione tra i due gruppi nel campo dei motori e dei componenti. E sempre Bmw starebbe «stringendo» anche con Psa Peugeot Citroën, che già fornisce i motori delle Mini. Anche di questo si parlerà a Ginevra dove Marchionne potrebbe chiarire con Christian Streiff (Psa) che cosa produrre a Valenciennes, in Francia, al posto della gamma di monovolume Fiat-Lancia-Peugeot-Citroën ormai giunta a fine corsa. Di carne al fuoco, come si vede, ce n’è parecchia. E anche dalla riunione dell’Acea, l’associazione europea dei costruttori, in programma a Ginevra, potrebbe uscire una nuova richiesta di aiuto organico a Bruxelles.


«Penso che i primi sei mesi di quest’anno saranno molto duri - ha commentato il presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, dalle pagine del Financial Times - e la cosa peggiore è che ciascun Paese va per conto proprio». Per Fiat, ieri, altra giornata nera in Borsa: -4,06% a 3,9 euro

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