Altro che controlli: a superare le verifiche antiinquinamento da parte delle officine autorizzate sarebbero ogni anno decine di migliaia di auto a motore diesel e di mezzi pesanti in grado di spargere veleni nell’aria di Milano e del suo hinterland. Sotto accusa, in un report pubblicato nei giorni scorsi su alcun siti specializzati, è la idoneità degli strumenti di controlo destinati a verificare gli scarichi degli automezzi. Secondo il rapporto, questi strumenti - i cosiddetti opacimetri - sono tecnologicamente obsoleti, e non forniscono alcuna garanzia sulla reale stato di salute dei motori.
Quello delle revisioni, e delle attrezzature necessarie per realizzarle, è ovviamente un business. Quindi è inevitabile domandarsi quanto, dell’allarme lanciato sulla stampa specializzata, abbia motivazioni commerciali, finalizzata a diffondere gli strumenti di analisi di nuova tecnologia, gli analizzatori laser. Ma l’accusa fa un certo effetto, anche perché a Milano il tema degli scarichi è strettamente incrociato a quello dell’Ecopass, visto che a essere esonerati dal pagamento della tassa d’ingresso sono solo i diesel forniti del Fap, il filtro antiparticolato: nella presunzione che il filtro garantisca di per sè un basso impatto ambientale. Ma non sempre, a quanto pare, è così.
Sotto accusa sono le scorie, il cosiddetto «particolato», e le polveri sottili in esso contenute. L’evoluzione dei motori e dei meccanismi antinquinamento ha reso le polvere sottili (costituite soprattutto da idrocarburi) ancora più sottili: «Più che di Pm10 - sostiene Andrea de Lisca, direttore generale di una delle aziende produttori di opacimetri - oggi dovremmo parlare di Pm01 o Pm02, perché le dimensioni delle particelle è scesa dai 10 nanometri fino a uno-due naonometri (ovvero milionesimi di milletro, ndr)». Il problema è che sostanze di questa stazza infinitesimale sfuggono, secondo il report, agli opacimetri tradizionali. Una indagine su un campione di mille vetture alimentate a gasolio - e passate indenni attraverso i controlli di tipo tradizionale - avrebbe confermato l’esistenza di una quota rielvante di veicoli muniti del «bollino blu» e ciò nonostante in grado di contribuire robustamente all’inquinamento atomosferico.
Ma esiste, secondo la denuncia dei produttori di analizzatori laser, un problema ancora più generale: la normativa che indica le soglie di inquinamento «tollerate» sarebbe essa stessa obsoleta, e i limiti assai più alti di quelli che sarebbe tecnologicamente legittimo pretendere.
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