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Bruno Sacco, la matita italiana di Mercedes-Benz

Bruno Sacco è stato l'illustre capo designer di Mercedes-Benz, con quarantuno anni di carriera spesi alle dipendenze della Stella di Stoccarda

Bruno Sacco a bordo della Mercedes C126
Bruno Sacco a bordo della Mercedes C126
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La Germania e l'Italia, il cuore della Mitteleuropa e il faro del Mediterraneo, due mondi vicini ma distanti, che non riescono mai a toccarsi, quasi come il giorno e la notte. Due culture ricche e vaste, capaci di spaziare in ogni campo dell'ingegno umano, eppure lontane. Due realtà che rivaleggiano dai tempi dell'Imperatore e del Papa fino a perdersi nella diatriba tra birra e vino, toccando punte di dualismo senza confini quando di mezzo ci si infila lo sport. A Stoccarda, però, è un italiano ad aver riscritto la storia di uno dei più importanti baluardi dell'automobile tedesca: Mercedes-Benz. Quest'uomo è Bruno Sacco, classe 1933, nativo di Udine e appassionato di quattro ruote fin dalla giovane età, il quale dopo aver completato gli studi in ingegneria meccanica al Politecnico di Torino, capisce che la sua strada è quella del design. Percepisce che le automobili passano agli annali prima di tutto per il loro fascino, per il loro stile ammiccante e per delle linee seducenti. La meccanica ha importanza, certo, ma quello che colpisce d'impatto è l'abito che indossano. Il primo passo per creare un'automobile vincente, capace di stupire e di far innamorare, è inevitabilmente quello di donarle un aspetto ammaliante. Il successo o il fallimento, scorre attraverso un giro di matita su un foglio bianco.

Il trasferimento a Stoccarda

La grande palestra per i designer è Torino, la capitale italiana dell'automobile, una città che vive di motori e dove a ogni passo si incappa in una carrozzeria, con la sua equipe di tecnici che detta legge. Per Bruno Sacco si aprono prima le porte di Ghia e poi di Pininfarina, tramite alcune collaborazioni, fino a quando il telefono non inizia a squillare per la chiamata della vita. Dall'altra parte della cornetta armeggia con il filo uno degli alti esponenti della dirigenza della Stella a tre punte, che con una voce ferma dal chiaro accento tedesco espone la proposta al giovane designer; ed è di quelle che non si possono rifiutare. È il 1958, Sacco prende armi e bagagli e muove alla volta del Baden-Württemberg, per entrare nel team che compone il Centro Stile di Daimler-Benz. Un italiano può mettere il suo accento sulle austere e prestigiose auto di Mercedes-Benz, una bella opportunità e una grossa responsabilità. Pensa, magari, di non fermarsi per sempre. E questo è il suo unico errore, perché nel 1959 sposa Annemarie e l'anno seguente nasce la figlia, Marina. Mette le radici in quella terra di rigore e operosità, dove la parola d'ordine è organizzazione che, però, si sposa al bacio con l'estro e la fantasia di Sacco. Nel 1975, dunque, diviene responsabile del design, incarico che manterrà fino al 1999, anno della sua pensione. Un'eternità, ma per arrivare al vertice la scalata è stata complessa.

Mercedes_Benz
Mercedes-Benz W126, la prima concepita in autonomia da Bruno Sacco

Le rivoluzioni di Bruno Sacco

Sacco non ha la mente schematica di un dirigente aziendale, ha dalla sua un pensiero laterale che gli consente di capire dove andare a colpire, come intercettare il gusto delle persone e anticipare le mode. Questa è la capacità innata di un grande designer, come Sacco ha dimostrato di essere in quarantuno anni di militanza agli ordini di Mercedes. Per mettersi in mostra ha dovuto comunque sgomitare, dedicandosi a collaborazioni su auto di serie, come la SL Pagoda o la 600, e su concept, come la mitica C111. Quando diviene il capo del Centro Stile porta avanti le sue convinzioni, che si basano su due linee che rappresentano omogeneità orizzontale e affinità verticale. Lui adotta in un ambiente rigoroso e serissimo una rivoluzione, che spinge la Mercedes verso il domani, con una freschezza e un'avanguardia finora mai raggiunte da un brand di lusso. La sua matita, sicura e decisa, traccia le silhouette di tutte le grandi creazioni di Stoccarda tra la metà degli anni '70 fino ai '90. È lui il "papà" della roadster SL, della Classe S, della SEC, della Classe E a doppio faro e, addirittura, della controversa prima generazione di Classe A. Forse, però, il suo successo più iconico è quello della 190, la "Baby-Benz" che ha tracciato un solco netto col passato. Quella berlina di classe media che ha saputo stupire, con una durezza tipica di Mercedes, ma con una modernità impareggiabile.

Mercedes C111
La Mercedes C111

Fedeltà a Mercedes

Ha resistito alla sirene e ai corteggiamenti di altre realtà automobilstiche, che per lui avrebbero fatto ponti d'oro, restando fedele al matrimonio con Mercedes. Un unicum nel mondo dell'automotive, all'interno del quale i desinger spesso saltano da un'azienda all'altra alla caccia di progetti. Un modus operandi, quest'ultimo, che Sacco ha spesso criticato perché - secondo lui - il designer itinerante continuerà anche altrove a riproporre le stesse idee e gli stessi stilemi, dimostrando una poca serietà nei confronti dell’ipotetico nuovo datore di lavoro. Bruno Sacco, dunque, può vantarsi di essere il collante che ha unito i due mondi, così diversi, di Germania e Italia, utilizzando il linguaggio sopraffino dello stile, dell'eleganza e dell'emozione. L'insegnamento delle auto che portano la sua firma, è che non occorre essere barocchi, eccessivamente carichi di dettagli, non ce n’è bisogno; perché la gente già sa che la Mercedes è sinonimo prestigio e ricchezza.

Basta la parola e, forse, la sua matita.

Mercedes SL
La Mercedes-Benz SL (R129)

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