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Dante Giacosa, padre della scuola italiana

Dante Giacosa ha speso anima e corpo all'interno della Fiat, rivelandosi come figura chiave nei successi torinesi dagli anni Cinquanta ai Settanta

Dante Giacosa, padre della scuola italiana
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L'Italia su strada è facile immaginarla attraversata da lunghe colonne di compatte e armoniche utilitarie degli anni Cinquanta, quelle che hanno permesso, a una fascia sempre più ampia di persone, il lusso di guidare un'automobile. Le protagoniste di quel momento sono state, senza ombra di dubbio, le Fiat 500, 600, 600 Multipla solo per dirne alcune. Però, se facessimo lo sforzo di guardare allo Stivale negli anni Settanta, allora non potremmo che cadere su una berlina di grido come la Fiat 128. Tuttavia, se cercassimo per un solo istante di definire il Bel Paese con una tipologia di auto, potremmo optare per una piccola con dettagli di lusso, un po' chic e un po' borghese, come l'Autobianchi Bianchina o la successiva A112. Cosa hanno in comune tutte queste macchine? Lo stesso "papà", Dante Giacosa.

Lo sbarco in Fiat

Dante Giacosa è figlio di una famiglia del cuneense, ma nasce a Roma, dove il padre fa il Carabiniere. Dopo essere tornato in Piemonte ed essersi diplomato al liceo classico, Giacosa prende la laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Torino. All'istante viene assunto dalla Casa torinese SPA, confluita successivamente nella Fiat. È l'anticamera di un sodalizio che porterà innumerevoli gioie personali a lui, oltre che un grande servizio a tutta l'industria italiana delle quattro ruote. Giacosa è un ingegnere e designer, e viene assunto per 600 lire al mese per fare il progettista al Lingotto. Sono gli ultimi battiti degli anni Venti del secolo scorso, mano a mano, Giacosa si fa strada e scala posizioni. Per quasi diciotto anni, l'ingegnere compie una specie di apprendistato, anche con incarichi importanti, all'interno della fabbrica della famiglia Agnelli. In quel periodo il suo lavoro più rilevante è lo sviluppo della Topolino, una delle prime vetture di massa dalla casa torinese. Nel 1946, però, arriva la svolta: il produttivo tuttofare diventa direttore degli uffici tecnici autoveicoli, o per meglio dire il responsabile del progetto di tutte le vetture e i veicoli terrestri costruiti dalla Fiat.

Fiat 500 Topolino
Dante Giacosa con il prototipo di Fiat Topolino - 1934

Dante Giacosa compasso d'oro

Gli anni Cinquanta si aprono con maggiori speranze, i dolori e le sofferenze della guerra cominciano ad affievolirsi, lasciando sempre più spazio a un collettivo desiderio di crescita. In uno scenario che a livello nazionale infonde coraggio e ottimismo, Dante Giacosa inizia la sua grande rivoluzione all'interno della Fiat. Sono anni di coraggio e iniziativa, che coincidono con la sbarco di auto innovative e di clamoroso successo. La prima firma importante arriva sulla 1400, la prima auto a scocca portante del Lingotto, poi, nel 1951 arriva la Campagnola a trazione integrale, mentre nel biennio successivo vengono sfornate la 8V e la 1100. Il cielo si tocca con un dito grazie alla fulgida e geniale Fiat 600, che dà la spinta agli italiani a salire in macchina. Nel 1956 tocca, invece, alla 600 Multipla, in grado di ospitare sei passeggeri in poco più di tre metri e mezzo di lunghezza. Esteticamente non brillantissima, ma nel complesso è un veicolo così geniale e funzionale da entrare negli annali. Infine, nel 1957 arriva - forse - la creatura più famose tra quelle pensate dal grande progettista: la Fiat 500. La citycar piemontese a forma di uovo, che fa innamorare più di una generazione di individui in tutto il globo. Insieme a lei viene rivelata anche la più ricercata e raffinata Autobianchi Bianchina. Si tratta di un periodo magico per la Fiat e per lui, che nel 1959 viene premiato con il compasso d'oro.

Fiat 500
Fiat 500

Le ultime decadi

Negli anni Sessanta la grande onda di entusiasmo non si arresta e Giacosa rimane in sella facendo grande la Fiat. In quel momento storico escono le varie Fiat 500 Giardiniera, la versione familiare della superutiliatria torinese, poi, la berlina a trazione anteriore Autobianchi Primula, una primizia in fattore di tecnica. Nella seconda metà del decennio vengono presentate le Fiat 124 e Fiat Dino, icone per sportività, modularità e fama. La gamma del colosso torinese è così ampia che abbraccia qualunque tipo di segmento, rispondendo alle esigenze di qualunque automobilista. Nel 1969 esce la prima utilitaria "chic", l'Autobianchi A112, che viene presentata a braccetto con la Fiat 128, la dominatrice degli anni Settanta e fonte di ispirazione per la Volkswagen Golf del 1974. Dopo tutti questi anni al timone del gigantesco polo automobilistico torinese, dopo il 1970 Dante Giacosa si mette da parte e si congeda dalla Fiat con onore e gloria.

Fiat 128

Questo è il pensiero che lo ha guidato in tutti gli anni di carriera: "Nominato direttore degli uffici tecnici autoveicoli, divenni ingegnere capo, il responsabile del progetto delle vetture e degli altri veicoli terrestri costruiti dalla Fiat. Dirigere gli uffici tecnici non significava per me semplicemente fare il direttore, ma sviluppare in proporzioni di gran lunga maggiori il "mio" lavoro: ideare, pensare a tutta l'attività che è peculiare del progetto. Significava esaminare ogni giorno sui tavoli da disegno il progredire degli studi e il graduale definirsi del nuovo modello di vettura, autocarro o autobus o altro veicolo, così come lo avevo immaginato in relazione ai programmi della Fiat. Progettare è anche valutare le difficoltà, individuare i problemi essenziali, ricercarne le diverse soluzioni possibili e selezionare quelle che appaiono in grado di risolverli nel modo più semplice e completo".

Muore a Torino nel 1996 all'età di 91 anni.

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