Fiat 126, l’erede designata della gloriosa 500

La Fiat 126 nasce per sostituire la 500 e ottiene un successo clamoroso, con 5 milioni di esemplari venduti in quasi trent'anni di carriera

Fiat 126, l’erede designata della gloriosa 500

Il peso di sostenere un incarico gravoso, come quello di raccogliere un'eredità particolarmente pesante, a volte può essere un'impresa impossibile, paragonabile a quella del mito di Atlante, costretto a reggere sulle proprie spalle il mondo intero. Per la Fiat 126 la carriera si sviluppa su una strada in salita, perché ha il dovere di succedere a un'auto amatissima come la 500, che - a sua volta - ha segnato e scandito il tempo degli italiani in un periodo d'oro per il Bel Paese. A dire il vero, il destino accorso alla superutilitaria torinese è forse più somigliante a quello di Cenerentola, anziché a quello del titano della mitologia greca. Infatti, dopo aver viaggiato l'una al fianco dell'altra, per alcuni anni, nei listini del colosso torinese, una volta scomparsa la 500, la 126 ha trovato la sua carrozza dorata, gli automobilisti le hanno fatto indossare la scarpa giusta e infine l'hanno sposata, proprio come avrebbe fatto un principe azzurro. Con tanto di lieto fine, visto che è rimasta in produzione dal 1972 al 2000, con circa 5 milioni di esemplari venduti. Più di quanto non abbia fatto la sua illustre antenata.

Presentata al Salone di Torino

Quando al Lingotto viene sguinzagliato l'ingegnere Dante Giacosa, significa che in pentola bolle qualcosa di appettioso. La ricetta pensata ai piani alti della Fiat, propone un piatto che ha come portata principale una macchina che sostituisca la 500, che già da tanti anni corre sulle strade d'Italia, e non solo. La mitica utilitaria degli anni Cinquanta e Sessanta inizia a sentire il peso dell'età sulle spalle, anche se continua a piacere e a trovare amatori pronti a comprarla ancora. In ogni caso, gli uomini del colosso industriale piemontese decidono di andare dritti per la propria strada, concependo una nuova superutilitaria che, di fondo, è filosoficamente simile alla 500. Al Salone di Torino del 1972, dunque, viene presentata la Fiat 126. Sotto alla Mole, però, il riscontro del pubblico è tiepido, anzi, decisamente freddo. Al primo impatto, la nuova piccola e semplice vettura, non centra l'obiettivo. Strano perché si presenta con una forma particolare, simpatica e amichevole. Il suo design è ispirato al concept "City Car" realizzato da Pio Manzù, mentre la meccanica rappresenta un'evoluzione della 500. Nel complesso la 126, però, è molto più ricca e solida di quanto non fosse la sua antenata. Ha dei lamierati più spessi, una scocca più robusta ed è più grande e spaziosa. Gli interni sono maggiormente curati e il cambio diventa semi-sincronizzato, a eccezione della prima marcia. Un bel passo avanti rispetto al Cinquino, con il quale condivide il motore 594 cc da 23 CV, lo stesso della coeva 500 R.

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Il riscatto della Fiat 126

Quando l'ombra della 500 si dissolve, la 126 inizia a decollare. È il 1976 quando giunge sul palcoscenico la seconda serie di questa minuscola e squadrata macchinetta, che aggiunge un po' di plastica qua e là, toglie delle cromature, arricchisce gli interni (adesso anche con moquette e finta pelle) e aumenta la potenza del motore. Il bicilindrico tocca i 652 cc e raggiunge la potenza di 24 CV, che rende complessivamente più gradevole il comportamento dell'auto. Tutte le migliorie, conferiscono alla 126 un'aria più aristocratica rispetto alla prima versione, quasi snob, specialmente in determinati allestimenti di punta (Black e Silver). Questo modo di interpretare la superutilitaria piace ed è una delle chiavi che apre la porta di una sempre maggior diffusione di questo modello, che prolifera tanto in Italia quanto nel resto del mondo, espandendosi a macchia d'olio. Durante gli anni Ottanta, esce la versione unificata, mentre nel 1987 è tempo per l'ultima evoluzione: la 126 Bis. Le modifiche sono intelligenti e sofisticate, perché il motore posteriore diventa a sogliola e, nel suo vano, si possono adagiare delle borse e valigie. Lo stesso propulsore viene raffreddato a liquido e aumenta sia la cilindrata che la cavalleria (704 cc e 26 CV). Anche esteticamente diventa più sbarazzina, coi cerchi da 13'', i fendinebbia e qualche altra piccola accortezza. In questa maniera la 126 resiste sul mercato italiano fino al 1991, quando viene sostituita dalla nuova Cinquecento. Nel frattempo, la sua vita parallela prosegue.

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World Car, tra Polonia e Jugoslavia

Fin dal 1973 la Fiat 126 viene prodotta anche in Polonia, a Bielsko-Biała, negli stabilimenti FSM (Fabryka Samochodów Małolitrażowych), e dal 1975 nella fabbrica di Tychy. In questa terra, la piccola macchina con l'effige di Fiat diventa un mito assoluto, inossidabile e fornisce una grande spinta alla motorizzazione di tutta la nazione. Seguendo un po' l'esempio di quanto era avvenuto in Italia con la 600, seppur con qualche decade di ritardo. La forma amabile e divertente permette alla 126 di entrare nel cuore dei polacchi, che la soprannomineranno "Maluch", letteralmente "bambino". Questo rapporto viscerale innesca un meccanismo di affetto e di trasporto, che ha la forza di trascinare la superutilitaria fino al nuovo millennio. La 126P 650 Maluch, declinata nell'allestimento "Happy End" è il tramonto su una storia d'amore lunga più di trent'anni.

Oltre alla Polonia, la piccola di Fiat ha avuto spazio anche in Jugoslava, venendo commercializzata con il nome di Zastava 126. A dimostrazione che, alla fine, anche una Cenerentola come lei ha potuto avere il suo riscatto mondiale.

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