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Herbert Schäfer, solidità germanica e interprete dell'Heidedesign

Herbert Schäfer interprete della solida scuola tedesca, progettista e designer è stato il vero uomo in più della Volkswagen per oltre vent'anni

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Occhi profondi di un marrone intenso, sguardo magnetico che ti entra sottopelle, baffo sparviero e un po' ingombrante, i tratti somatici di chi emana simpatia a primo impatto. Questo è l'identikit di Herbert Schäfer, ormai novantenne, che un tempo giostrava tra le proprie mani tutte le creature che la fabbrica di Wolfsburg sfornava così laboriosamente. Il progettista e designer tedesco, infatti, è stato responsabile dello stile di ogni veicolo Volkswagen prodotto tra il 1972 e il 1993, segnando un'era che in tanti rimpiangono. Celebre è la sua massima: "Esistono solo due persone che sono in grado di disegnare una Golf, Giorgetto Giugiaro e il sottoscritto". Un'affermazione un tantino vanagloriosa ma la sua matita, solida come l'acciaio teutonico, è stata in grado di proiettare su carta delle linee tese, dure e prive della minima sottigliezza che sono divenute un rassicurante marchio. Se l'immaginario colletivo è stato influenzato dall'idea della macchina tedesca come solido involucro su quattro ruote, parte del merito è anche suo.

Gli esordi come artigiano carraio

Herbert Schäfer nasce nel 1932 a Rauscha, un ameno borgo medievale della Slesia, regione un tempo appartenente alla Germania e oggi collocata all'interno dei confini nazionali della Polonia. Il giovane Schäfer ha dentro di sé una manualità spiccata e in età ancora verde diventa un carraio, un artigiano orientato alla costruzione di carrozze in legno, diffuse soprattutto nel mondo agricolo. Quando la guerra diventa un lontano ricordo, all'inizio degli anni Cinquanta si assiste a un cambiamento epocale: le carrozze aggiungono la lamiera al classico materiale ligneo. Il tedesco ne rimane affascinato e viene colto da una sorta di epifania per questo soggetto, che inizia a lavorare e a trattare con cura. Nel 1952 Schäfer supera il test di maestro artigiano e poi sostiene l'esame di ingegneria presso la scuola di carrozzeria di Kaiserslautern. A questo punto della storia, le auto incrociano la strada di Herbert senza più lasciarlo. Lui salta a bordo e fornisce il proprio contenuto.

Herbert Schäfer arriva in Volkswagen

I primi ad accorgersi delle qualità di Schäfer sono quelli della Auto Union, così il designer fa le valigie e si stabilisce prima a Ingolstadt e poi a Düsseldorf, dove diviene responsabile del reparto stile. Alla sua porta, poi, bussa un altro interlocutore importante, un nome di spicco dell'industria automobilistica tedesca: Daimler-Benz. La parentesi Mercedes non dura molto, perché nel 1961 arriva la chiamata di Wolfsburg. Dall'altra parte della cornetta c'è la Volkswagen, un'icona dell'automobilismo con il suo Maggiolino, che ancora resiste immarcescibile nei listini, ma presto sarà necessario un intervento per rivoltare gli schemi e introdurre qualcosa di nuovo. Ed è proprio in Schäfer che credono i vertici di VW. Nel 1971 gli viene affidata la responsabilità del design del dipartimento di ricerca e l'anno seguente diventa capo progettista.

Herbert Schaefer

In quel momento storico serve dare un taglio netto al passato, perché la crisi stringe con le sue mani il collo della Volkswagen, che assume un colorito funereo. È tempo di rivoluzione, che deve essere tanto tempestiva quanto efficace. La giocata assume i connotati di un all-in a un tavolo da poker, in cui la posta in ballo vale la propria sopravvivenza. Herbert Schäfer diventa l'uomo della provvidenza, perché lui vara con coraggio una fase progettuale di rinnovamento nella quale contatta un professionista dal telento unico: Giorgetto Giugiaro. Il grimaldello per aprire la porta del mercato si chiama Golf, un veicolo che da lì a poco farà furore, impervesando con frequenza sulle scene mondiali. Nel frattempo era già nata la Passat e subito dopo arriva anche la Polo. Il nuovo corso fornisce la linfa vitale che serve alla Volkswagen per tornare in sella con grande piglio.

Un marchio indelebile

A Schäfer bisogna attribuire la paternità di tutte le VW che approdano in strada fino al 1993, compresa quella delle Golf di seconda e terza generazione. Il suo stile è quello tipico della scuola definita Heidedesign, in cui forme geometriche solide e robuste dominano la prospettiva conferendo alle macchine un aspetto di concreta affidabilità e sicurezza. In occasione del suo pensionamento, il famoso giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung disse: "Con la VW Polo, Golf e Passat, ha probabilmente influenzato l'immagine dei centri urbani e dei paesaggi europei più di tutti gli architetti di questo continente con i loro progetti statici.

Alcune delle vetture da lui progettate sono solide, affidabili e un po' noiose, ma hanno avuto un successo fragoroso".

Herbert Schaefer

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