Automotive

Marinetti e Musk, i futuristi nella macchina del tempo

Cos’hanno in comune l’ideatore e l’agitatore del Futurismo e il proprietario di Tesla, oltre che di alcune delle aziende più innovative (e discusse) degli ultimi quindici anni?

Marinetti e Musk, i futuristi nella macchina del tempo

Filippo Tommaso Marinetti ed Elon Musk. Cos’hanno in comune l’ideatore e l’agitatore del Futurismo e il proprietario di Tesla, oltre che di alcune delle aziende più innovative (e discusse) degli ultimi quindici anni? Sicuramente sono accomunati da un’invidiabile capacità creativa, un’immaginazione che osa spingersi oltre i limiti comunemente tracciati dal sentire comune, una passione smodata per la velocità e senza dubbio una voracità bulimica di futuro. Dimenticavo: e una grande passione per i mezzi di trasporto. Vi porto a fare un piccolo viaggio. Di tutte le macchine esistenti che potremmo utilizzare, ne scegliamo una che ancora – per ora? – non esiste: la macchina del tempo. Non serve neppure la patente. E ci permettiamo di fare un brevissimo giro con qualche tappa, per poi riallacciare i due puntini che abbiamo lasciato in sospeso: Marinetti e Musk.

L’automobile è un’idea, un concetto, ancor prima di essere un oggetto. È lo è stato per moltissimi anni, quasi seicento, se già nel XIII secolo Roger Bacon sosteneva – con una intuizione che ora è facile definire geniale – che saremmo riusciti a “costruire carri in grado di muoversi e di conservare il loro movimento senza essere spinti o tirati da alcun animale”. Un concetto veloce - sempre di più - che per anni è stato totalmente immobile su un foglio di carta, così come è successo a tanti dei mezzi di trasporto che oggi siamo abituati a vedere attorno a noi. Eppure l’automobile, a più di cento anni dalla sua commercializzazione, continua a infiammare, dividere e far discutere. Pensate al grande dibattito, che spesso tracima in rissa, sul motore elettrico e quello termico.

Marinetti

Ma tutto è di passaggio e tutto torna, proprio come le vetture nel traffico cittadino. La prima sorta di auto progettata nella seconda metà del Settecento - il carro di Cugnot - era azionata da un motore a vapore. Ecologicissima. Gretinissima. Tanto gretina che non riusciva a frenare e si schiantava contro i muri. Ma questa è un’altra storia, perché per vedere sfrecciare - o forse arrancare - le prime auto bisognerà aspettare il Ventesimo secolo, con i suoi fasti, le sue speranze, i suoi folli “ismi” e il suo amore sfrenato per la tecnica e la velocità. Precedute dal clangore sferragliante di instabili chassis - molto simile alle onomatopee futuriste - le auto invadevano il Paese. Lasciando dietro di sé lo stupore della meccanica che si fa esoterismo e magia nella sua manifestazione di potenza. E chi, se non lui, poteva innamorarsi di queste bestie di acciaio che riscrivono le distanze, cambiano la geografia e riscrivono e rimescolano i tempi. Chi, se non Marinetti? Cosa poteva esserci di più futurista di una macchina sparata a 80 all’ora? (Alt: togliete air bag, controlli di trazione e stabilità, guida assistita ecc ecc. Aggiungete un cumulo di ferraglie contundenti e chilometri di strade senza asfalto e perforate di buche. Ecco, adesso vi sembrano futuristi anche ottanta miseri chilometri orari?). Tra futuristi e auto è amore a prima vista. E non poteva essere altrimenti. L’automobile diventa un simbolo stesso del movimento, una esaltazione fisica della velocità, della tecnologia e della modernità. Uno strumento che cambierà la percezione dell’uomo e dell’ambiente.

Balla, Boccioni e Carrà dipingeranno centinaia di esemplari, fermati dal pennello nell’atto della corsa. Filippo Tommaso Marinetti, tra gli altri scritti, dedicherà anche una efficacissima ode alle vetture corsaiole: “Veemente dio d’una razza d’acciaio, Automobile ebbrrra di spazio, che scalpiti e frrremi d’angoscia rodendo il morso con striduli denti... Formidabile mostro giapponese, dagli occhi di fucina, nutrito di fiamma e d’olî minerali, avido d’orizzonti e di prede siderali... io scateno il tuo cuore che tonfa diabolicamente, scateno i tuoi giganteschi pneumatici, per la danza che tu sai danzare via per le bianche strade di tutto il mondo!... Allento finalmente le tue metalliche redini, e tu con voluttà ti slanci nell’Infinito liberatore!”. Con ogni evidenza, a giudicare dall’enfasi marinettiana, non avevano ancora inventato gli autovelox, altrimenti il fondatore del futurismo avrebbe terminato i suoi versi in Questura.

Musk

Ma l’amore era sbocciato ed era irrefrenabile. Persino la città, nel manifesto dell’architettura futurista, viene interpretato a misura d’auto più che d’uomo: “Noi dobbiamo inventare e rifabbricare la città futurista simile a un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, e la casa futurista simile a una macchina gigantesca”, scriveva Antonio Sant’Elia. Dinamismo, dinamismo, dinamismo. Se potessimo guardare il mondo con gli occhi dei futuristi di allora, ci parrebbe di osservare il mondo dal un finestrino di un'auto, o di un aereo, che corre a folle velocità mescolando colori e linee, allungano le luci in interminabili luminarie, trasfigurando e sfumando il paesaggio in un moto senza sosta. E ora tocca anche a noi tornare a bordo della nostra macchina del tempo e far tappa nel XXI secolo. E uniamo il primo puntino con il secondo, cioè Musk, che, anche se si crede e forse sarà un nuovo Henry Ford, a noi ricorda pure il sopraccitato Marinetti. Almeno dal punto di vista della velocità. Di pensiero e di azione.

“Clown, genio, provocatore, visionario, industriale e showman” lo ha definito il Time eleggendolo uomo dell’anno nel 2021. Tutto vero e tutto falso. Di sicuro sappiamo che è l’uomo più ricco del mondo - scusate se è poco - che ha riportato gli USA nello spazio e che passa le giornate a sparare satelliti in orbita, che è fermamente convinto che l’uomo nel giro di pochi anni andrà su Marte ma, soprattutto, ed è questo che qui ci interessa, che è l’uomo che ha trasformato l’auto elettrica da orpello onanistico e radical chic a oggetto di culto. E così atterriamo sul pianeta Tesla. Discusso e discutibile, ma sicuramente geniale.

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Elon Musk
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Oggetti di design che raggiungono i cento chilometri all’ora in 2,1 secondi e sfondano il muro dei 320 km/h. E poi prendono fuoco, commenteranno i detrattori. Ma per Musk, che oltre a tutto quello abbiamo detto sopra è anche un discreto paraculo, l’errore è solo una delle tante strade che portano al successo. "C’è una sciocca nozione da seguire alla NASA per cui il fallimento non è considerato un’opzione. Da noi lo è: se le cose non stanno fallendo, non stai innovando abbastanza", ha detto a proposito dei suoi viaggi spaziali. Intanto, in attesa di sondare mondi lontanissimi, divide il mondo con la sua automobile terrestre. Non sappiamo se alla fine vincerà lui oppure si schianterà. Non ci interessa arruolarci tra gli ultras della benzina o quelli dell’elettricità. Ci interessa che cento anni dopo c’è ancora qualcuno che, al volante di un'auto, prova a disegnare le strade del futuro e del futuribile.

E questo, sì, è qualcosa di futurista.

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