Gli autonomi fanno fronte: manovra da buttare

Antonio Signorini

da Roma

Uniti, come non succedeva da sessant’anni, per dire «no» alla Finanziaria 2007. E per presentare al governo una lista di richieste che, a guardarla, si capisce che se artigiani e commercianti dovessero scegliere cosa fare della manovra Prodi, sceglierebbero il macero. Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani hanno messo da parte le diverse coloriture politiche delle origini e si sono date appuntamento a Roma per una manifestazione intitolata significativamente Le imprese. L’Italia. Un modo per dire che sono loro a rappresentare il grosso dell’economia. Tradotto in cifre, il 70 per cento di quanto si produce nel Belpaese e 13 milioni di addetti pari al 63 per cento degli occupati. Cifre in crescita, nonostante tutto. Negli ultimi sei anni, mentre la grande impresa perdeva 150 mila posti, tra negozi, botteghe e piccoli capanonni si creavano 1,2 milioni nuovi occupati.
Ma di tutto questo - ed è questa la principale lamentela di metodo delle imprese - nella concertazione del governo di sinistra non c’è traccia. È stata realizzata «in una forma assai singolare - si legge nel documento congiunto che artigiani e commercianti hanno stilato per la manifestazione di ieri - coinvolgendo di fatto i sindacati dei lavoratori dipendenti e una sola parte del mondo delle imprese». Cioè Confindustria che le categorie del Capranica non vogliono condannare, anche se - ha sottolineato il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli - il governo deve ascoltare le categorie «senza scindere la rappresentanza dalla rappresentatività reale».
Pesa chiaramente la vicenda del Tfr e dell’accordo sulle liquidazioni dei lavoratori che i «piccoli» hanno subito e contro il quale si sono ribellati. Ma è tutta la Finanziaria a non andare, perché farà aumentare la pressione fiscale complessiva «almeno nella misura dell’1,3 per cento tra il 2006 e il 2007», ha calcolato il presidente della Cna Ivan Malavasi. E farà aumentare anche il costo dei contributi sociali per artigiani e commercianti «per 1,4 miliardi di euro nel 2007 e 1,7 a regime». Nessuna fiducia nemmeno nel taglio del cuneo fiscale che costituisce il piatto forte della Finanziaria 2007. E che per le piccole imprese, effetto paradadossale, sarà un disincentivo a crescere. Per sanare questa situazione si dovrebbe creare «un’ampia no-Irap area, perseguibile attraverso un raddoppio dell’attuale franchigia».
Ma tra commercianti e artigiani c’è il sospetto che non si farà niente a loro favore. Questo perché il governo sembra agire sulla scia di un pregiudizio. «Ci chiamano evasori, ma noi siamo l’altra Italia, quella che è impegnata a lavorare, rischiando i propri soldi, alzando la saracinesca dell’azienda ogni giorno», ha sintetizzato il presidente della Confartigianato Giorgio Guerrini. Per dimostrarlo le categorie non bocciano lo strumento degli studi di settore, anche se, per bocca del presidente di Casartigiani, Giacomo Basso, protestano perché la revisione è avvenuta «unilateralmente e senza concertazione».
La lista delle richieste delle imprese comprende diversi punti critici della manovra. Una «radicale revisione» dell’aumento dei contributi per apprendisti e autonomi, soppressione della tassa di soggiorno ed eliminazione degli automatismi sugli studi di settore. Perché il rischio qui - ha avvertito il presidente di Confsercenti Marco Venturi - è che gli imprenditori diano vita a «una vera e propria disobbedienza fiscale». Per il momento la protesta resta nei binari dell’ufficialità. Ma di passi indietro le piccole imprese non ne vogliono sentire parlare.

Sangalli ha assicurato la disponibilità a partecipare a un nuovo «patto per la crescita». A patto che tutti siano coinvolti e che si modifichi la Finanziaria. Altrimenti - è l’avvertimento di Venturi - «proseguiremo con altre iniziative perché questa Finanziaria non ci piace affatto».

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