Gianandrea Zagato
Hanno un sogno: fare il replay dell11 marzo. Sì, vogliono costringere nuovamente i milanesi a rivivere un sabato di guerriglia metropolitana: edicole semi-bruciate, automobili distrutte, McDonald presi dassalto e altre immagini dordinaria violenza. Sono gli irriducibili dei centri sociali che, oggi, alla cascina Torchiera si ritrovano per organizzare «un corteo nazionale il 17 giugno, con concentramento in piazza Duomo». Occasione, sostengono quelli dei Carc (comitato di appoggio alla resistenza per il comunismo), per far ripartire «le lotte nei quartieri, nei luoghi di lavoro, nelle scuole» ma anche «dentro il carcere».
E per farlo, attenzione, sono disposti «a mettere da parte le polemiche vuote, inutili e improduttive» e dar quindi corpo e sostanza a «un fronte unito di lotta». Sostantivo, questultimo, caro a chi non vuole più limitarsi alle scritte crudeli sui muri o ai toni violenti urlati nei megafoni dei cortei: infatti, gli antagonisti milanesi vogliono «alzare il tiro» nella «Milano divenuta laboratorio politico per la destra istituzionale ed estrema».
Obiettivo predefinito nella chiamata alle armi dei no global meneghini che rimbalza sui siti dellarcipelago e che nella riunione al Torchiera non sarà sminuito ma tradotto ed elaborato in un progetto dazione grazie anche al milieu dellautonomia piemontese e toscana che, in quella cascina occupata a due passi dal Cimitero maggiore, ha spesso trovato rifugio e sostegno. Incontro operativo, dunque, per un corteo «nazionale» a cui hanno aderito pure Cobas e i Giovani comunisti ovvero lorganizzazione giovanile del Prc ma, tra gli altri, anche centri sociali - dove ci si muove sempre più spesso oltre i confini della legge - come Transiti, Vittoria e Orso. Quadro di famiglia che prova, inequivocabilmente, la creazione di unarea di ribelli «sociali» più ampia, ricca di sfumature ma con ununica aggressività che, come sostengono quelli di Panetteria occupata, è in grado «di rompere la pacificazione sociale sviluppando una strategia di guerra a bassa intensità».
Minestrone necessario per dar forza anche allannunciata manifestazione del 17 giugno, la prima di una lunga serie di un movimento poco pacifico, con venature anarcoidi, che va fiero di quell11 marzo, di quei compagni «antifascisti ben determinati» che «ad ogni carica della polizia rispondeva elevando barricate con auto di grossa cilindrata, materiale edile e stradale e incendiando la sede di An di corso Buenos Aires». Comportamento definito «coraggioso» come quello dei «venticinque compagni sbattuti in galera perché antifascisti». Compagni da imitare col sostegno del sindacalismo di base dopo tre mesi «rispondendo» non a parole «allarticolazione militante della destra e alla logica della pesantezza repressiva».
Scelta di far parlare i fatti su quellasse dove si muovono pure vecchi militanti del partito armato e nuove reclute, con unazione in puro stile G8 studiata a tavolino.
Tutti insieme «per dare il benvenuto al primo sindaco donna di Milano».
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