Pedro Armocida
da Roma
«Un giorno arriva un amico mio e mi dice: perché non ti metti a fare l'attore? Così ho iniziato». All'epoca Riccardo Scamarcio aveva 16 anni e oggi, dieci anni dopo, è già diventato, secondo i lettori di Ciak, «la migliore sorpresa del 2005». Così il giovanotto dai neri boccoli di Andria, sbarcato nella capitale alla fine degli anni '90 per studiare al Centro sperimentale di cinematografia, ha inanellato lo scorso anno tre titoli di altro profilo, Romanzo criminale di Michele Placido, L'uomo perfetto di Luca Lucini e Texas dell'esordiente Fausto Paravidino, dopo l'exploit in Tre metri sopra il cielo che lo ha trasformato in idolo delle adolescenti. Ma il nuovo Stefano Accorsi, tanto per intenderci, non perde tempo, e in questi giorni, al fianco di Martina Stella, gira alle porte di Roma la nuova versione tv per Mediaset de La freccia nera nel ruolo che fu di Aldo Reggiani («ma che fatica recitare in costume!»), mentre a febbraio andrà al Festival di Berlino in una duplice veste, in concorso con Romanzo criminale e come «Shooting Star italiana», piattaforma di lancio dell'European Film Promotion per i giovani attori europei emergenti.
Caro Scamarcio, dopo i successi italiani cerca di allargare gli orizzonti?
«Mi pare che ci siano delle energie in movimento in Francia, Spagna e Germania. Quella di Berlino è poi per me una grande occasione per cominciare a capire com'è il cinema internazionale con cui non sono mai entrato in contatto».
E con l'inglese, croce e delizia dei nostri attori, come va?
«Sto facendo un bello sforzo per impadronirmi della lingua. Comunque il massimo sarebbe potermi confrontare con attori stranieri ma in un film italiano».
Tempo fa ha dichiarato che fa l'attore ma voleva diventare contadino. Stava scherzando?
«Assolutamente no. Capisco che può sembrare una cosa assurda ma anche solo confrontando gli orari di lavoro, questi due mestieri appaiono meno diversi di ciò che sembra. Per esempio, adesso mi trovo in un bosco e mi sveglio alle sei del mattino per girare fino alle quattro. Esattamente come un contadino, anch'io devo seguire una tecnica precisa per raggiungere dei risultati».
Ha qualche attore come modello?
«Mastroianni e Volontè che sono agli antipodi. Del primo amo la leggerezza, del secondo ammiro l'approccio scientifico al mestiere».
A Ciak ha confessato di votare a sinistra, aggiungendo che un attore deve esprimere la sua visione politica. Come la mettiamo con il personaggio di Nero, nomen omen, in Romanzo criminale?
«Mi avevavo suggerito di ispirarmi a Fioravanti per interpretare quel personaggio. Io, invece, ho fatto di testa mia e, in pratica, lho reinventato. Mi è piaciuto confrontarmi con un ruolo politicamente diverso. Ma l'attore deve essere neutrale, non giudica le psicologie e le ideologie dei personaggi. È come un foglio bianco sul quale si colora e si disegna ciò che si crede. Devo ammettere che ho iniziato ad avere una comprensione maggiore su come potevano pensarla quelli di destra. Ma sono rimasto delle mie idee».
In primavera inizierà le riprese del nuovo film di Daniele Luchetti tratto da Il fasciocomunista (Mondadori) di Antonio Pennacchi e dal titolo provvisorio Mio fratello è figlio unico. Ancora un personaggio dei lontani anni '70, cosa diranno le sue fan che la prediligono nei ruoli tipo L'uomo perfetto?
«Avranno l'occasione di scoprire che in quegli anni la politica era una cosa seria».
In che senso?
«Sarò il fratello ultracomunista del protagonista, un po' trasformista, interpretato da Elio Germano. Ciò che mi piace degli anni '70 è il ruolo dominante della politica, per la gioventù e per la vita sociale. Oggi c'è uno scollamento, la politica si è istituzionalizzata ed è uscita di scena».
A proposito di uscite di scena, si sono perse le tracce, anche nel suo curriculum, di un film del 2003, Il motore del mondo dell'esordiente Lorenzo Cicconi Massi.
«Non è mai uscito e forse è meglio così.
Evviva la schiettezza.
«Contrariamente a quello che si può pensare non sto dalla mattina alla sera a preoccuparmi della mia immagine».
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