Marta Ottaviani
da Nevsehir (Turchia)
Più che la Cappadocia sembra il deserto dei Tartari. La Turchia comincia a fare i suoi primi conti con le conseguenze dell'influenza aviaria. E lo fa nel peggiore dei modi e nel meno indicato dei momenti. Per la festa del Bayram gli albergatori turchi dovevano registrare il tutto esaurito, come succede di regola tutti gli anni. Ma nella parte centrale del Paese si è ben lontani dal raggiungere certe cifre. «A me è andata abbastanza bene, hanno disdetto in pochi - dice Murat Suat, proprietario di un albergo a Nevsehir -. Ma molti miei colleghi sono in una situazione critica. Per chi lavora in Cappadocia questo dovrebbe essere uno dei momenti migliori dell'anno, se cominciamo a perdere clienti turchi non mi voglio immaginare che cosa succederà con quelli stranieri».
È proprio il destino turistico del Paese, oltre alla situazione sanitaria, a preoccupare maggiormente gli addetti ai lavori. «La situazione è preoccupante - dice Osman Avik, presidente dell'associazione albergatori della provincia di Antalya -. La nostra regione è quella dove si concentra il maggior flusso di turisti nella stagione estiva. E questa brutta sorpresa arriva proprio quando la gente comincia a prenotare. Forse non riceveremo cancellazioni, ma saremo costretti ad abbassare i prezzi che per noi equivale a una rovina».
Di questa futura tragedia commerciale ne sanno già qualcosa a Göreme, una delle località più visitate della Turchia centrale. I ristoranti, i caffè e i negozi di souvenir, abituati a ricevere in questo periodo intere legioni di turisti, devono accontentarsi di un gruppo di coreani, alcuni muniti di mascherina perché, dicono, «il virus potrebbe essere anche qua».
E anche se l'Oms ha ribadito che per il momento non si sono registrati casi di contagio da uomo a uomo, nel resto del Paese non va certo meglio. Se da una parte il premier Recep Tayyip Erdogan afferma che la diffusione dell'epidemia è stata messa sotto controllo, e che il governo di Ankara ha fatto di tutto per prevenirne la diffusione, dall'altra si continuano a registrare nuovi casi di contagio, che ieri hanno toccato quota 15. A questi si devono aggiungere le persone che sono ancora in ospedale in attesa di sottoporsi ai test, e sulle quali media, governo e Oms forniscono cifre diverse. Il ministro dell'Agricoltura turco, Mehdi Eker, ha reso noto che, fino a questo momento, in tutto il Paese sono stati abbattuti più di 300mila volatili, molti dei quali non avevano contratto il virus H5N1, ma che sono stati abbattuti lo stesso per sicurezza.
Istanbul rimane con il fiato sospeso e con i suoi tre quartieri in quarantena e tutti sperano che i movimenti di massa in occasione del Bayram non portino alla megalopoli qualche brutta sorpresa, come già successo per Ankara. La versione on line del quatidiano Milliyet intitola: «Ogni giorno l'epidemia si espande. Oggi nuovi focolai a Sivas, Isparta e Izmir: dove arriveremo?». Se lo chiede anche l'Europa.
Se lo chiede anche lItalia, che intanto attiva lUnità di crisi e continua il confronto internazionale che farà nascere il fondo antipandemia: un miliardo di euro in tutto, gestito dalla Banca Mondiale, che sarà gestito al 50% per la salute umana e al 50% per quella animale, serbatoio di virus dal quale potrà nascere la pandemia.
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