Cronache

Avvocati in sciopero contro Prodi

Piero Pizzillo

Durissima e univoca contestazione degli avvocati genovesi al provvedimento, cosiddetto di «liberizzazione», adottato dal governo, in gran silenzio, forse temendo le ire dei destinatari. Certamente nell’aula magna di palazzo di giustiza, affollata all’inverosimile di legali di ogni branca del diritto (penale, civile, amministrativo), non si respirava quell’atmosfera di divertissement, che sembra avvolgere il presidente del Consiglio Prodi, quando dice: «Mi sto divertendo». Al contrario. Nessuno delle centinaia di presenti all’assemblea, convocata dal Consiglio dell’Ordine e dalle associazioni forensi, si è divertito e ha sorriso. Si è discusso e alla fine è stata votata per acclamazione e all’unanimità la mozione presentata dal presidente dell’Alp Elio Di Rella, con cui si è deciso l’astensione da ogni attività (salvo i procedimenti urgenti) dal 10 al 31 luglio, andando quindi oltre la data del 21 luglio stabilita a livello nazionale, «per esprimere il totale dissenso degli avvocati genovesi nei confronti della disposizione governativa (non è escluso che organismi forensi di altre città possano seguirne l’esempio e adeguarsi al deliberato genovese, che termina «chiedendo al Parlamento di non convertire le norme del decreto riguardanti la professione forense e i tagli al bilancio della Giustizia».
Gli avvocati genovesi (3000 in tutta la provincia), stigmatizzano il comportamento del Governo, «in quanto appare provocatorio e inaccettabile il ricorso al decreto legge senza consultazione con le parti sociali interessate, e senza ponderazione adeguata in materia estremamente delicata». Il diktat di palazzo Chigi è stato «vivisezionato», sottoposto a critiche su tutti i punti. Conclusione: «il provvedimento ridurrà ulteriormente le prospettive dei giovani, favorendo il grande capitale, le associazioni dei consumatori e i grandi studi legali».

Tra gli altri sono intervenuti gli avvocati Alfredo Biondi, Stefano Savi, presidente dell’Ordine, Guido La Mattina, e Corrado Pagano, presidente della Camera penale, secondo cui «a fronte di questo intervento repentino, v’è anche il sospetto che questo sia il primo passo verso lo smantellamento degli ordini, per consegnarci nella braccia di qualche potere economicamente forte».

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