Investimenti stellari

Stamperia, Kadett, orologi. Maurizio Marinella: "Mi considero un 'animale' da bancone"

A capo della Maison che ha "esportato" le cravatte Made in Naples in tutto il mondo, l’imprenditore parla del suo rapporto con il denaro, la finanza e lo shopping

Maurizio Marinella
Maurizio Marinella

Presidenti della Repubblica italiani, francesi e americani. Re Carlo d’Inghilterra ma anche Visconti, De Filippo, Mastroianni, De Sica, Totò. Tutti personaggi uniti da un pregiatissimo filo di seta, fermato da un raffinato nodo sotto la gola: quello delle cravatte E.Marinella. Lo storico brand Made in Naples, che dal lontano 1914 produce prevalentemente camicie e cravatte in seta, vanta oggi store a Milano, Londra, Tokio. E proprio a Milano, nel negozio di via Manzoni incontriamo Maurizio Marinella, amministratore unico della Maison, terza generazione alla guida dell’azienda dopo il nonno Eugenio e il padre Luigi, cui si è aggiunto da qualche anno anche il figlio Alessandro, per parlare de suo rapporto con il denaro e gli investimenti.

Come inizia la sua giornata?

“Noi apriamo il negozio di Napoli la mattina alle 6:30, seguendo un’antica tradizione e io, di solito verso le 7:15, dopo cornetto e cappuccino, leggo i principali quotidiani per tenermi aggiornato anche sui temi d'attualità e di economia”.

Temi che non le sono estranei, visto che è laureato in Economia e commmercio.

"Io sono stato messo al mondo per continuare l'attività di famiglia (sorride nda), sono in negozio dall’età di otto anni e mezzo, e da allora tutta la mia vita l’ho passata lì. Però mi sono laureato in Economia e commercio, ci ho messo più tempo dei miei compagni, ma io studiavo e lavoravo".

Si occupa direttamente delle questioni finanziarie, o si affida a collaboratori di fiducia?

"Abbiamo una serie di collaboratori di fiducia, un team di commercialisti che ci affianca e con cui, naturalmente, ci interfacciamo. Io però mi considero più un “animale da bancone”, mi piace conoscere i clienti, anche perché ho avuto un insegnamento importante da mio nonno prima e da mio padre poi, per cui si riconosceva il cliente, lo si accoglieva, lo si “coccolava”, e continuo a svolgere così questo lavoro, anche se devo dire che il mondo della finanza mi ha sempre affascinato".

In famiglia chi ha il “bernoccolo" degli affari?

"Guardi, fino a un po’ di tempo fa quella persona ero io, nel senso che abbiamo reso l’azienda molto patrimonializzata, anche perché, come ci ha insegnato mio padre, l’acquisto dell’immobile rappresenta sempre un solido investimento. Poi noi, da bravi napoletani, ci teniamo particolarmente ad avere la casa di proprietà, quindi ho sempre effettuato e sviluppato operazioni in questo campo, che sono poi risultate abbastanza vantaggiose. Ora però mi sto tenendo un passo indietro, perché voglio che la nuova generazione faccia le proprie scelte. Devo dire che, grazie a mio figlio Alessandro, Brand Ambassador della Maison, e con il supporto degli altri giovani presenti in azienda, si inizia a fare un nuovo tipo di finanza".

Il vostro brand è conosciuto e apprezzato nel mondo: un successo inatteso?

"È stato inaspettato, soprattutto in tali proporzioni. Una riconoscibilità nel mondo così forte, non ce l’aspettavamo, assolutamente. Sa, noi abbiamo proposto negli anni valori come l’artigianato, Napoli, che comunque è sinonimo di allegria, divertimento, i nostri colori, forse anche la nostra "irrazionalità": un mix che piace, insieme a prodotti di grandissima qualità. Noi continuiamo a fare camicie, cravatte, e tutto ciò che ha a che fare con il mondo della seta, così come lo facevano mio nonno e poi mio padre. È sempre più difficile trovare artigiani che vogliano dedicarsi agli antichi mestieri, eppure Napoli vanta un tessuto straordinario di sartoria, di camiceria: tutti fatichiamo a trovare chi voglia continuare a fare il 'lavoro delle mani'. Ci rivolgiamo anche a istituti professionali: arrivano ragazze che vogliono fare le stiliste o le disegnatrici, ma quello che manca è il lavoro manuale".

Secondo lei il danaro è sinonimo di successo?

"No, non sempre. Anche se devo ammettere che le due cose spesso vanno di pari passo. Vede, noi abbiamo avuto successo ma siamo rimasti sempre con i piedi per terra, continuiamo a ricevere offerte 'importanti' da parte di aziende interessate a rilevare il nostro brand, ma viviamo ancora questo lavoro emozionandoci ogni giorno, con l’orgoglio di essere italiani prima e napoletani poi, e devo dire che quell’emozione non riusciamo ancora a venderla, anche di fronte a proposte e cifre che, quando ti arrivano, non ti lasciano indifferente, perché sono chiaramente cifre importanti".

Qualche episodio, magari della sua infanzia, che ha inciso sul suo rapporto con il denaro?

"Noi non abbiamo mai avuto un rapporto così 'stretto' con il denaro: lo abbiamo sempre considerato seriamente, ci sono stati momenti difficili, potrebbero essercene ancora, ma abbiamo sempre investito nell’azienda, abbiamo sempre investito nello sviluppo, nella crescita, nella ricerca, quindi in questo senso non ha mai condizionato le nostre scelte, non ha mai stabilito le linee guida di questa nostra attività. Il sentimento e l’emozione, ecco, quelli sì, sono sempre stati gli elementi principali che hanno caratterizzato il nostro lavoro".

Cosa le piacerebbe fare in futuro?

"Mi piacerebbe pensare più in grande, mi piacerebbe fare di più. Ma devo dire che, tracciando un bilancio, mi ritengo assolutamente soddisfatto: in quasi 110 anni abbiamo conosciuto personaggi fra i più importanti al mondo, siamo riusciti ad ottenere una grande riconoscibilità nazionale e internazionale; ciononostante rimango assolutamente con i piedi per terra, ho sempre lavorato, ho sempre vissuto e cercato di far vivere bene tutte le persone che collaborano con l’azienda, di favorire il loro benessere: molte di loro hanno potuto acquistare una casa, un’auto nuova, e questo mi suscita una grande emozione. Contribuisce a creare un senso di famiglia".

Si ritiene una persona più generosa o parsimoniosa?

"Più generosa, sicuramente. Io dò tutto per gli altri, è stato sempre così e continuo a farlo, sempre, con grande soddisfazione".

Ricorda che cosa ha comprato con i primi soldi guadagnati grazie ad una commessa importante?

"Comprai una macchina che mi piaceva molto: era una Opel Kadett station wagon, che una concessionaria di Napoli aveva elaborato con le fiancate in legno, un po’ all’americana. Mi piaceva moltissimo, ecco… mi tolsi quella soddisfazione".

Tornando a parlare di investimenti, le è capitato di farne qualcuno di particolare rilievo? In quale settore?

"A parte alcuni acquisti che vanno da titoli azionari a fondi di investimento, a Sicav (società di investimento a capitale variabile nda), tre anni fa abbiamo acquistato una stamperia in Inghilterra. Siamo noi a stampare le sete impiegate per le nostre cravatte, quindi abbiamo rilevato questa in particolare, dove già mio nonno le faceva stampare a suo tempo. E devo dire che è anche piacevole, quando mi capita di andare a scegliere i tessuti in questo luogo immerso nel verde, fra mucche e pecore, è una cosa molto bella. Il nostro vero investimento comunque è andare in Inghilterra a comprare un milione di euro in tessuti e vederli quasi raddoppiati nel giro di due anni".

Come valuta le criptovalute e l’arte digitale? Investirebbe in Bitcoin e Nft?

"Per quanto riguarda i Bitcoin, abbiamo provato ad acquistare qualcosa, ma senza troppa convinzione, un investimento minimo, che però non mi ha entusiasmato. Le opere d’arte per ora le preferisco reali, preferisco comprarle, godermele in questa dimensione. Non sono ancora pronto per il Metaverso".

Le piace fare shopping? Preferisce i negozi fisici o quelli online?

"Assolutamente negozi fisici. Devo avere il contatto con la gente, toccare la merce, gli oggetti. Non mi capita spesso, non ho molto tempo, normalmente lo faccio per accompagnare qualche persona cara. Sa, ogni tanto devo 'cedere', per staccarmi dalla routine, dal passare l’intera giornata in negozio, e quando lo faccio, lo faccio con piacere. Resisto poco, però mi piace, perché tutto quello che accade è reale, non virtuale, avviene tramite il contatto fisico".

Se dovesse indicare un bene rifugio?

"In passato ogni tanto mi regalavo un orologio: gli orologi sono oggetti che mi piacciono molto e, se dovessi destinare del denaro a questo tipo di spese, ne comprerei ancora qualcuno.

E poi, acquistando pezzi di determinate marche, particolarmente belli, credo che potrebbero diventare un bene rifugio importante".

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