
Il destino americano per l'ex Ilva, emerso dalla ufficializzazione delle offerte, acquista un nuovo significato alla luce della scampata sorte cui il siderurgico poteva andare incontro: la chiusura totale con i lavoratori a libro paga dello Stato.
Tra le dieci offerte arrivate ai commissari straordinari entro la mezzanotte di ieri ne risulta una, che Il Giornale ha potuto visionare nei dettagli, che però non è stata ammessa. Di cosa si tratta? Europa Verde Alleanza Verdi e Sinistra hanno proposto a un prezzo simbolico di 2 euro di rilevare il siderurgico «con finalità radicalmente diverse da quelle industriali», si legge sul documento. Il piano prevede letteralmente la «chiusura definitiva dell'area a caldo e la cessazione delle produzioni siderurgiche inquinanti, il trasferimento della titolarità degli impianti
e delle aree alla cittadinanza (che avrebbe quindi l'onere legale di un sito dismesso, ndr); l'avvio immediato delle bonifiche ambientali, con progressiva demolizione degli impianti obsoleti e decontaminazione delle aree; l'istituzione di un gruppo di esperti indipendenti per la riqualificazione integrale dell'area industriale e la progettazione di nuove filiere sostenibili». Tutto questo con quali risorse? Non è dato sapere. Ma probabilmente si tratta delle stesse che vengono chiamate in causa per mantenere i 10.000 operai che resterebbero senza lavoro: le casse pubbliche.
Per i lavoratori vengono chiamati in causa (senza uno straccio di garanzia), «l'utilizzo del Just Transition Fund (JTF) per bonifiche e riqualificazione; il pieno ricorso agli strumenti di welfare disponibili (Cassa integrazione straordinaria, incentivi all'esodo, prepensionamenti per lavori usuranti e da esposizione ad amianto); l'attivazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) e del FSE+; l'uso di clausole sociali per l'assorbimento nei nuovi appalti pubblici». La proposta è firmata da Rosa D'Amato, già parlamentare europeo dei Cinque Stelle e poi dei Verdi, e da Gregorio Mariggiò, portavoce provinciale.
Nessun riferimento alle risorse necessarie, nessuna
garanzia, né chiare assicurazioni nei confronti dei lavoratori stessi che oggi, forse, guardando alle proposte americane possono tirare un sospiro di sollievo. Se infatti le offerte di Bedrock Industries e dalla cordata Flacks Group+Steel Business Europe non ricoprono d'oro Taranto, le assicurano comunque un futuro. E futuro vuol dire lavorare, non ricevere sussidi. E vuol dire evolvere, non chiudere. «Io aspetto il report dei commissari prima di esprimere una valutazione, soprattutto prima di dare delle indicazioni su come procedere su questa gara» ha detto a caldo il ministro delle Imprese, Adolfo Urso. «Siamo tutti consapevoli delle difficoltà, basta evidenziare che è in funzione un solo altoforno, perché il secondo è ancora sotto sequestro probatorio da parte della procura di Taranto. E siamo tutti consapevoli del danno arrecato dalla precedente gestione», sottolinea il ministro.
Sono invece otto le offerte arrivate per i singoli asset: Renexia (Gruppo Toto), Industrie Metalli Cardinale (IMC), Marcegaglia, Cordata Marcegaglia+Sideralba, Car Srl, Cordata Marcegaglia+Profilmec+Eusider, Eusider e Trans Isole», recita la nota ufficiale.