
L'Authority per la concorrenza torna ad accanirsi su Armani. Dopo il caso Christian Dior (Lvmh) e i rilievi di Agcom di un anno fa, ieri l'Antitrust ha multato la storica società di moda fondata dal grande designer per 3,5 milioni di euro accusandola di pratica commerciale ingannevole. La società, che meglio di altre rappresenta il Made in Italy mondiale, si è detta «amareggiata e stupefatta» e ricorrerà subito al Tar per ottenere giustizia e mettere il punto a una questione che va avanti da più di un anno ovvero da quando la Giorgio Armani Operations produttrice di borse, era finita in amministrazione giudiziaria per omissione di controllo in un caso
di capolarato. Caso poi totalmente sanato dal Tribunale medesimo «a seguito del virtuoso percorso compiuto dalla società» e dalle dimostrazioni di totale buonafede.
Evidentemente non è bastato. L'Antitrust guidata da Roberto Rustichelli ora accusa il gruppo di «aver reso dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale non veritiere e presentate in modo non chiaro, specifico, accurato e inequivocabile». Tali dichiarazioni, individuate dall'Authority come non veritiere, sarebbero presenti nel Codice Etico delle società, in documenti pubblicati sul sito Armani Values e sul sito Armani.
Annunciando che impugnerà il provvedimento al Tar, la «Giorgio Armani Spa ha accolto con amarezza e stupore la decisione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, giunta a conclusione del procedimento avviato a luglio 2024 per presunta pubblicità ingannevole, con la quale la società G.A. Operations e la capogruppo Giorgio Armani Spa vengono sanzionate», spiega una nota diffusa dal gruppo a stretto giro dal provvedimento.
Siamo certi di aver «sempre operato con la massima correttezza e trasparenza nei riguardi dei consumatori, del mercato e degli stakeholder, così come dimostrato dalla storia del Gruppo». Da accertare le responsabilità visto che dalle indagini sarebbe emerso che la società avrebbe esternalizzato larga parte della propria produzione di borse e accessori in pelle a fornitori che, a loro volta, si sono avvalsi di subfornitori. Presso questi ultimi in alcuni casi erano stati rimossi i dispositivi di sicurezza dai macchinari per aumentarne la capacità produttiva.
Se così stanno le cose, non si comprende quale responsabilità può essere addebitata alla holding di Armani. Infine, che si tratti di una azione pretestuosa è provato anche dall'entità della sanzione in relazione a una violazione che se fosse provata meriterebbe ben altra entità.