L'impresa eccezionale

Tecnologia, arte e confetture. Reti le mette in connessione

Nata nel 1994, l’azienda di Busto Arsizio vanta partners internazionali e riconoscimenti importanti per la sua sostenibilità. Il tutto partendo da un asset fondamentale: le persone

Bruno Paneghini, Presidente e AD di Reti Spa
Bruno Paneghini, Presidente e AD di Reti Spa
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Quando ho iniziato questa attività e contattavo i clienti per Reti, mi chiedevano se vendessi aspirapolveri o materassi”. A dirlo sorridendo è Bruno Paneghini, presidente e amministratore delgato di Reti, tra i principali player italiani nel settore dell’IT Consulting, specializzata nei servizi di System Integration. Negli anni Reti è diventata società Benefit e prima B Corp italiana, che si impegna cioè a creare profitto in modo responsabile, certificata e quotata all'Euronext Growth Milan, mercato dedicato alle PMI dinamiche e competitive di Borsa Italiana. Non male per un’impresa nata dalla visione e dalla tenacia di una sola persona. “Quando racconto la storia di questa azienda – spiega Paneghini, una carriera iniziata in Olivetti per poi approdare a Dell, passando per Fininvest - la gente non mi crede: mi reputo molto fortunato, ma se penso che sono partito dal nulla e non avevo i soldi per pagare l’Iva, mentre oggi siamo un’azienda quotata in Borsa, di strada se ne è fatta, e anche se la gente non ci crede, è così, ho fatto veramente tutto da solo”.

Una realtà importante, nata quasi per caso

La Società, che ha sede a Busto Arsizio, supporta le medie e grandi aziende nella trasformazione digitale, offrendo servizi di IT Solutions, Business Consulting e Managed Service Provider, realizzati attraverso le principali KET, acronimo di Key Enabling Technologies, elementi essenziali di molti settori, in particolare dell'industria europea, che vanno dall’intelligenza artificiale alle biotecnologie industriali, ai materiali e tecnologie di produzione avanzati). “La mia attività di imprenditore- racconta ancora Paneghini - nasce quasi per caso: nel 1994 c’è stata la crisi dell’informatica, un periodo in cui molti brand addirittura chiudevano, in Italia il mercato non andava bene. Però ho deciso di intraprendere l’attività di imprenditore con Reti , una realtà all’epoca formata da una persona sola, cioè dal sottoscritto, che ha puntato direttamente a banche e assicurazioni, sfidando praticamente l'unico soggetto presente allora sul mercato (IBM) e al più qualche freelance. Però ci riesco, e da lì a poco l’azienda riesce anche a crescere, in modo costante, senza balzi eccessivi: prima il 10%, poi il 15%, passando da 0 a 94 dipendenti, fino ad arrivare agli oltre 400 di oggi”.

Una storia, quella di Reti, che potremmo definire “all’americana”, con un percorso che presenta alcune analogie con quelli di molte aziende della Silicon Valley, nate in un garage poi diventate colossi mondiali. E a ragion veduta, come sottolinea lo stesso ideatore dell’azienda: “Penso che abbiamo alcuni elementi in comune con i cosiddetti “miracoli americani”, visto che anch’io sono partito da un garage, dalla classica “sede non sede”, nel senso che non esistevano ancora, all’epoca, le varie società che mettono a disposizione spazi temporanei per uffici o attività, un concetto sviluppatosi tempo dopo”.

I dati

Reti vanta attualmente un portafoglio di oltre 150 clienti altamente fidelizzati, che operano principalmente nei settori BFSI (Banche, servizi finanziari e assicurazioni), informatica, telecomunicazioni e manifatturiero, oltre che partnership consolidate e di lunga durata con i principali fornitori di prodotti IT internazionali (quali Microsoft, Apple, Cisco, etc.). Durante l’esercizio 2022, ha realizzato ricavi pari a 27,8 milioni di euro (+11,83% rispetto all’esercizio precedente), il 7% dei quali realizzati all’estero. Il patrimonio netto della società ammonta a 8,1 milioni di euro. A marzo 2022 Reti è entrata (con il 13,7%) nel capitale di C.NExT, la newco a capo del progetto per lo sviluppo di 11 nuovi poli di innovazione, finalizzati a progetti di trasformazione digitale. Tramite questa iniziativa, l’azienda ha introdotto un asset cruciale per la propria strategia di crescita e consolidamento, posizionandosi come “osservatore privilegiato” all’interno di un network composto da centinaia di piccole e medie aziende, operanti principalmente nel settore Tech.

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Uno degli ambienti di lavoro di Reti, dove è stata data particolare importanza alla diffusione della luce

Una società camaleonte

"Una società camaleonte”, così Paneghini descrive la società: una realtà che evolve e si modifica in base alle esigenze del mercato, cercando, possibilmente, di essere un passo avanti agli altri. Ciò ha fatto sì che da un’azienda tipicamente di infrastruttura (che produceva server, pc ed altro, che oggi rappresenta il “trapassato remoto”), sia ormai presente in quasi tutti i trend di mercato, dalle infrastrutture e sviluppo delle applicazioni mobile alla cyber security, diventando quello che oggi viene definito un System integrator, quindi un’azienda che si muove a 360°, anche perché si basa su un fattore fondamentale, cioè il know-how delle “sue persone”. Paneghini ripete spesso, durante la conversazione, questa espressione, “le nostre persone", non certo con un’accezione padronale, di vecchio stampo, ma a sottolineare il senso di appartenenza ad una comunità che proprio da quelle persone trae energie, idee, creatività. “Il principale asset della nostra azienda sono proprio le persone. Sono loro a fare la differenza fra questa azienda e le altre. Persone (soprattutto i miei collaboratori più vicini) molto spesso nate in azienda, un’azienda che tende a far crescere le proprie persone e lo fa addirittura 'coltivandole' sin da piccole: qui esiste anche una scuola, e devo dire che Reti ha precorso i tempi anche in questo, perché è stata fra i soci fondatori di uno dei più grossi ITS d’Italia, l’ITS ICOM, con sede a Busto Arsizio”. Una scelta naturale, visto che la società è basata proprio a Busto, all’interno della cintura milanese e gode, per la sua posizione, del vantaggio di essere direttamente collegata con il centro di Milano, sia tramite il Malpensa Express che tramite l’autostrada Milano-Laghi.

La sede, il Campus, l’Academy

Una menzione particolare merita anche la sede di Reti, nata dai resti di un vecchio cotonificio (il Cotonificio Menzaghi, molto conosciuto, che dava lavoro a mille dipendenti), esteso su una superficie di 40 mila metri quadri, di cui ne sono stati acquisiti 20 mila. “Si tratta di edifici con una loro bellezza, che hanno anche una storia, essendo costruzioni dei primi del Novecento e che, oltre a questo, hanno una qualità importante, che ho iniziato ad apprezzare in Olivetti: la luce”. Ne parla con soddisfazione Paneghini, mentre descrive la struttura e le sue caratteristiche. Come il Campus Tecnologico, laboratorio interno di innovazione tecnologica e ricerca, suddiviso in 6 Centri di Competenza, e la Reti Academy (11 mila ore in progetti di formazione), attraverso cui i talenti vengono formati per diventare professionisti altamente qualificati. Un progetto di recupero e riqualificazione, quello della sede aziendale, ancora work in progress, perché dei sette edifici più una villa dell’Ottocento acquisiti, ad oggi sono attivi tre edifici più la villa; ma si sta lavorando ad un nuovo blocco che sarà inaugurato prossimamente, che occuperà una superficie di 4 mila metri quadri, per poi arrivare a 14 mila metri di spazi operativi. “L’idea è che questi edifici rappresentino l’anima dell’azienda: qualcosa fatto da noi per noi”.

Sostenibilità, ma non solo

Tra i concetti che colpiscono, a proposito di Reti, anche quello di sostenibilità di inclusione e della creazione di profitto in modo responsabile. Sostenibilità basata, oltre che sull’impiego delle più avanzate tecniche di recupero e ottimizzazione energetica degli edifici, su ricerca e sviluppo, per favorire le idee e sostenere le filiere produttive, mettendo l’innovazione al servizio delle persone, delle comunità e dei territori. Nel 2021, completato il percorso avviato per adottare lo status giuridico di Società Benefit, Reti ha conseguito la qualifica B-Corp diventando la prima azienda italiana quotata (Borsa Italiana, EGM) a ottenere tale titolo. A conferire il riconoscimento l’organizzazione non-profit B Lab, dopo un rigoroso percorso di valutazione che ha misurato la capacità di Reti di creare profitto in modo responsabile, restituendo un effettivo valore alla collettività, di apertura verso il territorio e di coinvolgimento degli azionisti. “Siamo un caso di studio anche per alcune ricerche universitarie. Se devo essere sincero però, gran parte di questo lo devo agli insegnamenti che ho ricevuto in Olivetti: la grande sensibilità verso le persone, il luogo di lavoro, verso la loro cura (organizziamo visite senologiche per le donne, controlli per i nei, incontri con il nutrizionista), tutti elementi che portano benessere anche all’azienda. La stessa scelta di quotarsi, (con aumento di capitale, anziché con vendita di quote), è stata fatta perché volevo che il territorio “entrasse” in azienda, oltre che per coinvolgere i dipendenti”.

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Le piante sono parte integrante dell'ambiente di lavoro di Reti, e la loro cura avviene anche per mezzo di particolari vasi, brevettati dall'azienda

L’arte, le piante, le confetture

Per rendere più piacevole la “vita” in azienda, Paneghini e la moglie, collezionisti ed appassionati d’arte, hanno deciso di mettere a disposizione la propria collezione (più di trecento opere) organizzandola come “mostra diffusa”. Si tratta di opere di artisti moderni e contemporanei che spesso troviamo nei musei. “L’arte - sottolinea Paneghini - è uno strumento incredibile, perché ti mette in contatto con persone e mondi diversi: io stesso apro periodicamente al pubblico la collezione e vengo in contatto sia con persone del territorio, che di altre località. L’arte permette di condividere passioni comuni, fare amicizia. Secondo me è uno strumento potentissimo, anche per fare marketing indiretto”. All’interno della sede di Reti è stato anche realizzato un auditorium da 350 posti, che (dopo la pausa forzata imposta dal Covid) sta tornando ad ospitare attività culturali aperte al territorio, come presentazioni di libri ed altri eventi.

E poi, le piante da frutto, un progetto nato tre anni e mezzo fa quasi per gioco. “Abbiamo pensato - spiega Paneghini - di collocare nei nostri ambienti delle grandi piante da frutto, tra i 50 e 80 anni di età (la più grande, un limone gigante, ne ha 80 e viene da Alicante), che dessero frutti: queste piante, che gestiamo attraverso un sistema di vasi (da noi brevettati) e di luci, vengono collocate negli uffici ed ogni sei mesi le alterniamo con altre, perché possano svolgere la fase di impollinazione”. Dai limoni si passa ai meli, è stata anche avviata la coltivazione di albicocche e per metà dell’anno prossimo il numero di piante arriverà a 48: quasi un frutteto. Albicocchi e anche mirtilli, perché ci sono tutte le intenzioni di proseguire su questa strada. “Vogliamo dare alle ‘nostre persone’ la possibilità di consumare questa frutta a metro zero, ma ci stiamo orientando anche verso la confettura: è stata già avviata una piccola produzione di pochi pezzi, ma visti i risultati, collaborando con alcuni soggetti del territorio e con una scuola di alta cucina, potrebbero esserci sviluppi interessanti. Stiamo pensando anche ai mandarinetti cinesi, piante che producono molto”, conclude Paneghini.

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Una visione degli uffici con le piante da frutto

L'idea degli alberi da frutto e del loro inserimento negli spazi di un’azienda IT ci colpisce molto e ci sembra un bel modo di concludere questo articolo. Perché, oltre alla valenza pratica della scelta (in termini di bellezza, benessere e anche di gusto), vi scorgiamo un significato simbolico, quello di una circolarità, di una “ri-connessione” fra natura e homo technologicus, come in una sorta di Wood Wide Web allargato, che potrebbe rappresentare la via per uno sviluppo sempre più sostenibile. Uno sviluppo che parta dall’IT per arrivare, passando per l’arte, alle confetture.

E viceversa.

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