
Se il matrimonio funzionerà nel lungo termine lo dirà la storia, ma certo l'inizio dell'intreccio finanziario fra Tim e Poste Italiane è davvero promettente. Basti pensare che a partire dallo scorso 15 febbraio, giorno dell'operazione che ha portato Cdp a vendere il 9,8% di Tim a Poste Italiane, i due gruppi non hanno smesso di crescere in Borsa. Il pronti via è avvenuto dopo che a fine marzo il gruppo guidato da Matteo Del Fante e Giuseppe Lasco ha comprato gran parte della quota in mano ai francesi di Vivendi salendo al 24,8% del capitale. Prendendo febbraio come riferimento, l'azione Tim da allora è balzata da 0,27 euro per azione a 0,46 euro (chiusura di venerdì) con un progresso del 68,7%. Il che si traduce in 2,9 miliardi di capitalizzazione in più (4,1 considerando anche le azioni risparmio). Allo stesso modo l'azione Poste a febbraio valeva 14,83 euro, venerdì ne valeva 20,33. In pratica, un guadagno di circa 7 miliardi in termini di capitalizzazione.
Insomma, considerando che a livello di sinergie il bello tra i due gruppi deve ancora venire, sbalordisce il fatto che il solo accostare i nomi delle due società abbia generato intorno a 11 miliardi di valore per la gioia di piccoli e grandi investitori. Un segno tangibile di come le aspettative del mercato riguardo a questa alleanza siano molto buone. In primis, perché la fine della guerra fra l'ormai ex primo socio Vivendi (ora ha circa il 2,5% di Tim) e il ceo Labriola ha sgombrato il campo dal rischio di stasi nella strategia aziendale e fatto battere in ritirata i venditori allo scoperto che per lungo tempo hanno schiacciato il titolo ogni volta che cercava di rialzare la testa. Inoltre, il cambio di statuto di Tim approvato dall'assemblea dei soci del 24 giugno ne ha modificato l'oggetto sociale ampliando il ventaglio di servizi offerti a cybersecurity, cloud, internet delle cose arrivando a spaziare nell'energia, gas, prodotti finanziari e assicurativi e lasciando la porta aperta ad ulteriori beni di consumo e servizi.
Tim è sbarcata nel mercato dell'energia vendendo forniture alle piccole e medie imprese. Un mercato in cui era già presente dal 2023 anche Poste Energia (nel segmento luce e gas). Non va dimenticato poi che Poste vanta una importante filiera nella vendita di servizi finanziari, che potrebbe avere un certo sprint mettendo a terra sinergie con la rete di punti vendita di Tim.
Per quanto riguarda il business tradizionale delle tlc, invece, Poste Mobile ha già formalizzato la transizione dall'infrastruttura mobile di Vodafone a quella di Tim che avverrà nell'arco di un anno. Per quanto riguarda il mercato delle Sim, Tim e Poste Mobile insieme hanno una quota superiore al 30% giocandosi la leadership del mercato con l'accoppiata Vodafone-Fastweb che ha una quota molto simile.
Sullo sfondo, intanto, rimane la necessità sostenuta da tutti gli operatori di un consolidamento del mercato che possa ridurre il numero degli operatori dotati di infrastruttura dai quattro attuali a tre. Il mercato italiano, del resto, è tra quelli con i prezzi più bassi al mondo e con marginalità più modeste proprio a causa dell'elevata concorrenza. La stessa Poste, nel rilevare la partecipazione in Tim, ha detto a più riprese di voler essere la promotrice di un consolidamento delle telecomunicazioni. Il candidato ideale sono sempre stati i francesi di Iliad, con il gruppo fondato da Xavier Niel che si è detto disponibile a parlarne ma anteponendo la volontà di esprimere l'amministratore delegato. Una richiesta non ricevibile in questi termini né dal governo né da Poste, motivo per cui le interlocuzioni hanno conosciuto un raffreddamento. Intanto, però sia Tim che Poste migliorano i propri conti.
La prima ha chiuso il semestre con ricavi in crescita a 6,6 miliardi ed è sempre più vicina a tornare a generare utili; la seconda ha registrato nei primi sei mesi ricavi record a 6,5 miliardi con il contributo di tutte le aree di business.