Quando si verificano avvenimenti politici ed economici «choccanti» pensiamo sia saggio evitare di lanciarsi in previsioni lontane tanto elaborate quanto, spesso, fantasiose limitandoci a registrare i fatti e tentare di indicarne i danni o i benefici nel breve, in attesa che il ciclone completi il suo corso. E di conoscere eventuali misure o decisioni comuni di modifiche dei vecchi schemi.
In altre occasioni, dai grandi sconvolgimenti monetari del 92 ai crolli dellarea del dollaro del 95, al tremendo 11 settembre 2001, ai vari eventi bellici, ci siamo sempre comportati così; abbiamo cioè espresso qualche ipotesi sulle conseguenze nel breve per le tasche dei cittadini nel tentativo, da tecnici con discreta visione economica, di limitare i danni e, magari, sfruttare la negatività dellevento, laddove possibile, in positivo. Così abbiamo fatto il 24 maggio prima del referendum franco-olandesi; così faremo oggi.
Ci teniamo a precisare, comunque, che laver appartenuto alla sparuta schiera cui lEuropa di Maastricht non era piaciuta né come parto freddo e poco democratico, né come corsa ambiziosa e frettolosa verso traguardi che avrebbero richiesto più tempo e tanta ponderazione, non ci esalta né ci fa ritenere che tutti i padri del progetto, come è stato detto, vadano a casa. Il nostro auspicio è che si trovino concordia e amor patrio sufficienti per migliorare insieme tutto ciò che cè da migliorare; perché, se ne va di mezzo lEuropa, è bene ricordare che il vaso più di coccio è proprio la nostra Italia.
Di tutte le previsioni, una, quella relativa alle divise dellEst è stata scontata dai mercati prima dellevento. Quelle relative alla sterlina e, soprattutto, al dollaro sono state ampiamente premiate; quella concernente lallargamento degli «spread» si è verificata soprattutto per Italia, Grecia e Portogallo, seppur in misura modesta perché finché ci sarà una Bce e un euro (speriamo, ormai, per sempre) ai fini del rifinanziamento europeo anche i titoli italiani, ossia quelli che secondo i parametri del Crédit Suisse First Boston sono i peggiori, vengono accettati dalla Bce esattamente come i Bund tedeschi; e questo limita gli effetti sugli «spread» dovuti alla differenza fra domanda e offerta.
Infine i mercati azionari si sono comportati bene con alcuni settori quali il tecnologico o, ad esempio, il consumo in Francia, in rialzo anche perché il nuovo governo francese spingerà proprio in direzione di una ripresa dei consumi; ma tutto lazionario in Europa e in Usa è andato bene. Il contrasto tra «bond» forti e azioni forti permane; come già scritto, un giorno qualcuno perderà ma non sappiamo quando.
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