Aznavour, un istrione sulle guglie

Lo scorso novembre è tornato in Italia - mancava da 26 anni - per una tournèe nei teatri di grande successo. E a dispetto degli 85 anni, in quei concerti ha sedotto il pubblico con quella voce non bella ma istintiva e coinvolgente, capace di superare melodicamente e armonicamente ogni ostacolo. Charles Aznavour, definito da Edith Piaf «il mio genietto della lampada», tiene ancora il palco con l’autorevolezza del gigante e ama il nostro Paese. Così domani sera, alle 21.30, sarà protagonista del concerto speciale a inviti «Tra le guglie del Duomo», nell’ambito degli eventi per celebrare i 150 anni della Provincia di Milano, «e sensibilizzare sull’esigenza di finanziare la manutenzione della nostra cattedrale», ha detto il presidente della Provincia Guido Podestà, presentando lo spettacolo insieme con il professor Antonio Caloia, presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo. La serata, per pochi eletti, si aprirà con la consegna del premio «Grande Milano» al premier Silvio Berlusconi e al presidente della Fondazione Monte Tabor don Luigi Verzé.
Musica, solidarietà e glamour dunque protagonisti, ma per gli appassionati di musica - come il presidente del Consiglio, che fra l’altro ha un debole proprio per gli chansonnier - tutti i riflettori saranno puntati su Aznavour. E fu subito Aznavour s’intitola uno dei suoi dischi più noti (correva l’anno 1970), che avrebbe potuto essere il titolo della sua recente tournée: un vero trionfo. Due ore di canzoni senza un attimo di tregua inanellando brani in omaggio al nostro Paese come Dopo l’amore (duetto degli anni Settanta con Mia Martini da allora mai più eseguito in pubblico), Buon anniversario, Ed io tra di voi. Ha cantato con composta ma virile sensualità, con abbandono ma con quel ritegno snob tipicamente francese che fa la differenza. Quando sono arrivate Com’è triste Venezia e L’istrione (che pare la sua autobiografia) venivano giù i teatri. «Sul palco so quando è il momento di sorridere, quando è quello per riflettere o quello per parlare d’amore», è il suo segreto. È il copione che ci si aspetta da lui anche sulle terrazze del Duomo, aspettando quella voce che non concede nulla al tempo per dare rilievo espressionistico alle parole e al fraseggio. Con un ricchissimo carniere di classici e un pubblico ben disposto a rivivere il passato, Aznavour non ha paura di sbagliare. Del resto, lui vive nel presente, sa swingare quando occorre (ha anche inciso un album con la Clayton Hamilton Orchestra; due anni fa s’è lanciato in una serie di duetti con Sting, Celine Dion, Elton John, Laura Pausini, e ora sta preparando un nuovo cd) e riarrangiare i suoi brani con sapori latini, con accenti folk gitani e balcanici (Les deux guitars), con virate jazz.

Ci sono tutte le premesse per rivivere le emozioni dello scorso novembre, questa volta in una cornice inedita e affascinante come quella della Cattedrale per antonomasia, per esaltare - se ce ne fosse bisogno - la tempra dell’«istrione» che sa «che la commedia brillerà del fuoco sacro acceso in me».

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