Azzurri, guerra e pace per riscrivere il futuro di Genova

Taormina: «Subito il nome del candidato sindaco» Grillo: «No alla lista unitaria»

Azzurri, guerra e pace per riscrivere il futuro di Genova

Paola Setti

E se fosse? Se il centrodestra ci riuscisse davvero, a prendersi Genova la rossa? Assemblea pubblica di Forza Italia al Teatro della Gioventù, il sole arriva solo dopo che la pioggia ci s’è messa d’impegno a scoraggiare le presenze, epperò la sala è gremita, gli organizzatori hanno contato fino a 600 persone, poi hanno smesso di contare. C’è un inedito fermento. Le donne che raccolgono le adesioni all’ingresso spiegano che ci sono già sette pullman pronti a partire per Roma il 2 dicembre, manifestazione contro la Finanziaria. I big del partito, dirigenti, senatori e deputati, per la prima volta nella storia forse d’Italia rinunciano alla passerella sul palco per lasciare la parola alla base, iscritti e simpatizzanti che si alternano al microfono fra proteste e proposte. Gli azzurri illustrano come si sono organizzati sul territorio per la raccolta delle candidature, la sensazione è che il famigerato partito azienda ci stia provando davvero a radicarsi. E poi, attenzione, qui oggi tutti dicono pane al pane, ma se le dicono in faccia, là dove il gioco delle correnti pare aver lasciato finalmente il posto a quella che in politichese si chiama critica costruttiva.
Per dire. C’è Carlo Taormina che rischia di far deflagrare la situazione quando avverte: «Dare la priorità al programma piuottosto che alla scelta del candidato è assurdo: i programmi, lo dico con una battuta, di centrodestra o di centrosinistra sono tutti uguali. Invece è necessario trovare un uomo capace, onesto, serio, attrezzato per essere un amministratore pubblico». Risponde piccato Michele Scandroglio il coordinatore regionale: «È una visione leaderistico-carismatica della politica che io personalmente non condivido. Senza voler negare l’importanza del nome, io non voterei uno solo perché è bello, biondo, alto e balla bene, io voglio sapere quale modello di città propone». Calma gli animi Luigi Grillo il senatore: «Taormina ha ragione, è determinante scegliere al più presto un nome. Ma è altrettanto necessario costruire un’idea di città, perché a Genova neanche De Gasperi vincerebbe se non spiegasse l’alternativa, se non avesse idee innovative e praticabili. Ecco, noi stiamo facendo tutto questo, i percorsi viaggiano in parallelo».
E anche qui, pane al pane: lamenta Grillo che se è costruire il programma l’obiettivo, «queste assemblee dovrebbero essere funzionali a dire su che cosa vogliamo puntare, non solo a lamentarsi per ciò che non va. Il problema è che da troppo tempo la gente ha smesso di pensare». Già che c’è, Gigi il provocatore la butta lì, e chisseneimporta se è l’unico a dirlo: «La lista unica? È una stupidaggine. Silvio Berlusconi, da condottiero, ha fatto bene a proporla come obiettivo finale, perché è indubbio che dobbiamo andare verso il partito unico, il Ppe. Ma a Genova in questo momento sarebbe controproducente, perché qui, con la Casa delle Libertà poco radicata sul territorio, abbiamo bisogno non di una lista con 60 persone, ma di cinque liste con 300 persone, per raccogliere più consensi». Punti di vista, quello di Pierluigi Vinai il presidente della commissione elettorale per esempio è tutto diverso, lui s’immagina già il simbolo: lanterna arancione su sfondo azzurro, capolista Sandro Biasotti. Ecco, Biasotti. Magari ha lasciato orfano chi sperava in una sua corsa da candidato sindaco, ma qui tutti se lo aspettavano, in fondo. Vinai gli parlò un mese fa, erano qui di fronte al Teatro, al caffè Balilla, lui, Biasotti, Cassinelli e Boitano. È stata la riappacificazione, sarà che Vinai indossava una cravatta arancione che colpì Biasotti, chissà, di fatto tanto basti, lavorare insieme, arancioni e azzurri, è sempre meglio che continuare a farsi la guerra.
La commissione delle candidature la cita anche un Ferruccio Barnaba che fa salire l’applausometro a ogni fiato: «È la prima volta che ne abbiamo una» gongola. Nelle ultime file Pasquale Ottonello storce il naso, e allora che cos’era la sua? Chiarisce Vinai: «Nel 2002 con buonanima Valenziano, Ottonello, Moro, Anania e Costa creammo una commissione che però non aveva potere decisionale. Ora è diverso: con Felis, Barnaba, Banti e Aicardi stiamo facendo la faticaccia, tutte le sere fino a tardi, di ascoltare tutti, uscenti e “nuove proposte”, per capire se abbiano le attitudini a ricandidarsi o candidarsi». Le domande vanno dalla condivisione della linea del partito alle motivazioni del proprio impegno, e ci sono novità, se pure ancora coperte dal segreto: sono già stati individuati i non ricandidabili a Tursi, sono almeno tre. Fra le new entry non manca chi viene dai Ds, «ed è un’ottima cosa - annota Vinai -, perché chi abbandona la sinistra di solito diventa il più convinto sostenitore della destra, Biondi docet». Chiude l’auspicio di Taormina e del coordinatore metropolitano Roberto Cassinelli, sua la firma sul successo di oggi: «Vincere si può, Genova può essere il secondo anello della ripresa dopo il Molise».


Poi si torna al qui e ora. C’è Gianni Plinio che replica agli azzurri che han detto no a un candidato di An o della Lega: «An ha già una rosa di nomi importanti e più che credibili da spendere». C’è ancora molto da lavorare.

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