Baglioni, Ruggeri, Barbarossa: istrioni che sanno commuovere

da Lampedusa

C’era una fila senza fine, nel pomeriggio spazzato dalla tramontana, verso Cala Pisana dove Claudio Baglioni aveva issato un palco piccolo così per il concerto Lampedusa Sùsiti, sostanzialmente Lampedusa alzati e immaginate bene da che cosa. Dal putiferio di sbarchi, dall’angoscia che i turisti facciano ciao e non si presentino lasciando tutti, pescatori e albergatori, in braghe di tela. «Siamo in agonia» aveva detto il colossale sindaco Bernardino De Rubeis. Perciò non contano tanto lo show, lungo quattro torrenziali ore e vivo perché improvvisato, oppure i virtuosismi di sapienti arnesi come Enrico Ruggeri (grandiosa la sua Il mare d’inverno) o di Luca Barbarossa in Al di là del muro. Ed era quasi naturale l’istrionismo del padrone di casa, uno dei pochi capaci, a sessant’anni compiuti, di non far incrinare la voce neanche dopo ore e ore di sforzi.
Conta che è stato un evento, punto e basta, e ce ne fossero ancora tanti di posti dove la musica diventi il filo conduttore – apolitico – di un sentire comune. E allora, quando il milanista Nicola Legrottaglie, ospite trasversale e applauditissimo, all’inizio è salito sul palco dicendo testualmente «spero che possiate conoscere tutti un mio caro amico: si chiama Gesù», il concerto si è aperto a quell’atmosfera che avvolge i momenti unici, a costo di sfiorare la retorica. In fondo, un po’ di paroloni ci stavano pure bene qui, di fianco alle onde colorate di morte e a pochi chilometri dall’infinita discarica dei barconi disperati che i lampedusani raccolgono uno dopo l’altro di fianco al campetto di calcio.
Silvio Berlusconi, quand’è arrivato pochi mesi fa ed è stato «applaudito e non fischiato come molti credevano» (De Rubeis dixit), ha candidato Lampedusa per il Nobel per la Pace, anche se «ci avevamo già pensato noi» come ha spiegato Baglioni, scherzando di fianco al capo della Protezione Civile Franco Gabrielli. Chissà.

In ogni caso – e lo ha dimostrato il calore della gente sotto il palco, la stessa che da anni segue O’ Scià a settembre – ieri è stata anche la passerella dell’unico cantante del mondo che, «per curare il senso di colpa del successo», abbia preso a cuore il destino di un’intera isola. Si può anche ironizzare, o italianamente immaginare le più bieche convenienze, ma intanto trovatene un altro così.

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