Per chi ama Genova, per chi ne annusa il profumo tutti i giorni, per chi come me si arrabbia perché la vorrebbe viva e non più muta e sorda di fronte allo scorrere del tempo, leditoriale scritto da Massimiliano Lussana non può non scuotere gli animi e le coscienze.
Si dica subito che se Lussana ama Genova, anche Genova ama Lussana.
Caro Massimiliano, Genova ti vuole bene certo alla sua maniera, ma ti vuole molto bene! Dico alla sua maniera, perché la genovesità ha un rapporto strano con le persone care e soprattutto con i suoi figli migliori.
Te, non genovese, nella comunicazione e non solo, stai ottenendo dei risultati straordinari sotto ogni profilo. Qui da noi la gente è avara di complimenti e molto spesso si vergogna anche dei propri sentimenti soprattutto di quelli buoni, ma sa distinguere lagire delle persone e lanimo che le pervade.
Nel tuo editoriale hai toccato punti appartenenti a diverse e complesse sfumature della vita e degli equilibri socio economici della città che né rappresentano la «carne viva».
Quando dici «Genova ti butti via». Ed ancora quando parli della scelta di «piccolo cabotaggio» per la città.
E che se «Gesù passasse da queste parti troverebbe lintelligentone di turno che
».
Bene, tu dici tre cose, io ti porto due esempi di figli prediletti (dagli altri e da tutto il mondo!) della nostra città molto più apprezzati «fuori dalle mura» che «in patria» che rappresentano personaggi immedesimanti la sommatoria delle tre situazioni da te evocate.
Il mio pensiero corre ad un intellettuale (anche se è un religioso) e ad un professionista che tutto il mondo ci invidiano e che qui da noi il loro pensiero ed azione per il territorio e per la gente trovano sempre dei distinguo. Mi riferisco al Presidente della Cei Cardinale Angelo Bagnasco e allarchitetto Renzo Piano.
Le ragioni sono bassamente sempre le stesse. Genova è diversa, quello che va bene in un posto o per quella situazione non va bene per Genova
e via dicendo. Insomma guai a lodare ed a premiare un genovese, qui da noi si fa finta di niente! Incredibile ma è così, il genovese pur di non portare avanti un qualcosa di valido proposto (sia un progetto, unidea oppure un concetto...) da un altro insabbia
Detto in una parola, per la città si snobbano i valori assoluti per far riferimento solo a quelli relativi (che nei fatti significa non decidere nulla per decidere tutto).
Genova è questa. La città dellimmobilismo mentale e sociale. La città che ha paura di crescere perché se il mondo dovesse premiarla forse qualcuno se ne gioverebbe, magari anche economicamente.
Ecco, è in questo contesto che si visualizza il processo sociologico (il destino) della città che si incrocia con quello politico come vero blocco per lo sviluppo e forma mentis dominante le azioni economicamente e socialmente rilevanti. La sinistra, o meglio la sua classe dirigente è riuscita nel «miracolo» di creare una sintesi perversa fra lunione delle paure (tramutate in obiettivi) della classe lavoratrice e quello di parte dellimprenditoria.
Un mix esplosivo che ha permesso e permette lo splendido status quo al quale tu fai riferimento. Un gioco delle parti che neanche Pirandello sarebbe riuscito a concepire. Qui da noi è la realtà di tutti i giorni.
Ecco perché il pensiero ed anche lazione di Grandi Uomini (Bagnasco e Piano) viene azzerato alla radice.
A Genova la parola dordine è sminuire e se possibile ridimensionare con tendenza verso il basso. Della serie che se uomo è bravo, o molto bravo vada a fare il fenomeno fuori, ma non a Genova. In questi ultimi 20 anni Genova ha subito passivamente un feroce processo di narcotizzazione culturale.
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