Roma - L’annuncio è atteso a mezzogiorno di mercoledì. Come previsto, il 7 marzo. Cioè il giorno in cui nel 1991 Giovanni Paolo II nominò il suo vicario Camillo Ruini presidente della Cei, il termine che lo stesso cardinale di Sassuolo, prorogato per un anno, aveva chiesto. Fra due giorni avverrà dunque un cambio epocale nella storia della Chiesa italiana, con l’arrivo dell’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco alla presidenza dell’episcopato del nostro Paese. Un avvicendamento da tempo desiderato dallo stesso Ruini, che già all’inizio del 2001, prima che Wojtyla gli rinnovasse per la terza volta l’incarico quinquennale, aveva chiesto di passare la mano. La nomina del nuovo presidente non è stata facile: un anno fa il sondaggio tra i vescovi italiani voluto dalla Segreteria di Stato, che aveva segnalato come più votati i cardinali Tettamanzi (Milano) e Scola (Venezia), insieme al vescovo di Novara Renato Corti. Poi, con la designazione di Tarcisio Bertone quale nuovo Segretario di Stato - che aveva nuovamente privato Genova del suo cardinale nel giro di pochi anni, dopo la promozione di Tettamanzi a Milano - le carte sono state rimescolate e nelle ultime settimane varie ipotesi sono state prese in considerazione. Dal primo confronto tra Ruini e Bertone sono caduti i candidati di entrambi - rispettivamente Scola e l’arcivescovo di Taranto Benigno Papa - e alla fine Benedetto XVI ha scelto il candidato di mediazione, molto vicino a Ruini, presidente del consiglio di amministrazione del quotidiano Avvenire, ma anche successore di Bertone a Genova.
Chi è, dunque, Angelo Bagnasco? Si può dire che la sua «carriera» sia avvenuta in fretta. Nominato nel 1998 vescovo di Pesaro, nel 2003 diventa Ordinario militare quindi, dopo la designazione di Bertone a «primo ministro» del Papa, è promosso alla sede cardinalizia della Liguria e ora, pur rimanendo nella sua diocesi, viene catapultato sulla poltrona che scotta di Camillo Ruini, in un momento delicatissimo nei rapporti tra Chiesa e politica in Italia.
Nato a Pontevico (Brescia) il 14 gennaio 1943, da genitori sfollati per la guerra, figlio di un pasticciere e di una casalinga, Bagnasco è tornato quasi subito a Genova, dove è entrato in seminario ed è stato ordinato sacerdote dal cardinale Siri nel 1966. Laureato in filosofia, vicario parrocchiale per molti anni, docente di Metafisica e ateismo contemporaneo, presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, ha seguito per venticinque anni gli Scout ed è stato per altri quindici assistente della Fuci. Dal 1995 al 1997 è stato direttore spirituale del seminario di Genova, prima di essere promosso vescovo a Pesaro.
Il nuovo presidente della Cei è un prelato gentile, riservato, scrupoloso, che nel rapporto personale sa essere anche emotivamente vicino nelle situazioni più difficili. Come Ordinario militare ha visitato i nostri soldati impegnati all’estero e due anni fa ha dichiarato a Radio vaticana: «Basterebbe andare nelle missioni dei nostri soldati all’estero, tutte quante, per dissipare i dubbi se i nostri militari rappresentano forze di pace o di occupazione».
Come sarà, dunque l’«era Bagnasco» alla Conferenza episcopale italiana? In continuità con quella di Ruini. Innanzitutto perché rimane, almeno per il momento, l’attuale numero due Giuseppe Betori, il cui ruolo è forse destinato ad accrescersi dato che Bagnasco continuerà a risiedere a Genova. E poi perché il nuovo presidente ha condiviso e condivide l’impostazione data dal predecessore, che è riuscito - seppur diventando bersaglio di critiche esterne e non sempre potendo coinvolgere la base cattolica - a far diventare la Chiesa italiana protagonista del dibattito culturale. Il suo legame con il presidente uscente è stretto: non solo Bagnasco presiede il cda di Avvenire, ma ha anche lavorato in molte commissioni della Cei. Salutando il sindaco di Genova, il 24 settembre 2006, nel giorno del suo ingresso come arcivescovo, aveva detto che «una mentalità puramente tecnico-scientifica da sola non è in grado di costruire una vera e compiuta forma di civiltà e cultura», ricordando «le esigenze etiche fondamentali» che «sono radicate nell’essere umano»: a «questo livello - aggiungeva - emerge la vera e necessaria “laicità”: come, cioè, autonomia della sfera civile e politica da quella religiosa ed ecclesiastica, ma non da quella morale». Come si vede, una concezione del rapporto fede e politica in perfetta sintonia con quella di Benedetto XVI e di Ruini. Sui Dico, il primo tema scottante con il quale il nuovo presidente della Cei dovrà confrontarsi, Bagnasco si è così pronunciato: «Una famiglia debole non può costruire una società forte».
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