In fondo, sempre di conti si tratta: quelli delle banche e quelli delle famiglie. In entrambi i casi, sono conti che non tornano. Da Deutsche Bank fino a Citigroup, è tutto un palesare sofferenze che fa da paradigma a un intero settore; così come nel ritirarsi delle vendite al dettaglio Usa cè il continuo tirar di cinghia dei consumatori americani, sempre più depressi, sempre più disoccupati. Quella che rischia di essere la «recessione più lunga dal dopoguerra», come è stata definita dal governatore della Fed di Filadelfia, Charles Plosser, è un prodotto avariato senza scadenza, indigeribile per le Borse. I recuperi tra Natale e la prima parte dellanno nuovo sono stati un delicato intermezzo, spazzato via ieri dal fragore di ribassi costati allEuropa 207 miliardi di euro, quanti se ne è portati via il crollo pari al 4,3% dellindice DJ Stoxx 600. E anche dallaltra parte delloceano, è risuonato ben distinto il tonfo di Wall Street (meno 2,94% il Dow Jones, meno 3,67% il Nasdaq).
Dietro ai numeri dellennesima giornata campale per i mercati ci sono le vendite. E dietro le vendite, le cifre annunciate di prima mattina, una sorta di doccia gelata scaricata sugli investitori, da Deutsche Bank: 3,9 miliardi di euro di perdite nellintero 2008, rovinato da un disastroso quarto trimestre in cui listituto ha accumulato un passivo di 4,8 miliardi, a conferma di come lultima parte dellanno sia stata fatale per molte, troppe aziende. Primo bilancio in rosso dal dopoguerra, punito con un vistoso -7% dei titoli da legare anche allingresso dello Stato tedesco nel capitale della banca attraverso Deutsche Post con una quota dell8%. È un segnale di difficoltà del sistema bancario, lultimo dopo la parziale nazionalizzazione di Commerzbank. Una mossa che potrebbe essere replicata per salvare Hypo Re, cui non sembrano bastare i 30 miliardi di aiuti ricevuti la scorsa estate.
Ma è lintero settore del credito europeo a essersi avvitato ieri in una spirale ribassista. Il sottoindice di categoria è crollato del 7%, con un sisma che ha scosso non solo Francoforte (-4,63%), ma anche Londra (-4,97%) a causa del probabile aumento di capitale da 20-30 miliardi di dollari da parte del colosso Hsbc, con un effetto domino che ha travolto Rbs (-18,4%), Barclays (-14,3%), Lloyds Tsb (-11,8%) e Hbos (-13,4%).
Identica la sorte delle banche quotate a Piazza Affari (-3,16% il Mibtel), con Unicredit (-7,15%) e Banco Popolare (-6,92%) tra le più colpite, mentre a Parigi (-4,56%) Bnp Paribas è scivolata del 5,66% e Société Générale di quasi l11%.
I timori europei sulla possibilità di veder capitolare qualche vittima eccellente del sistema del credito sono ancor più amplificati negli Stati Uniti, dove nonostante i ripetuti salvataggi e le pressioni esercitate sul Congresso dal presidente eletto Barack Obama per lapprovazione del nuovo piano di stimolo economico arrivato a 850 miliardi, non cessa lallarme. Le preoccupazioni sono aumentate dopo la cessione di Smith Barney da parte di Citigroup, che secondo il Wall Street Journal dovrà snellire la parte finanziaria di un terzo. Citi, che ha 300mila dipendenti, anticiperà domani la relazione del quarto trimestre e il bilancio 2008, mentre il suo ad Vikram Pandit ha precisato ieri sera che «siamo e rimarremo una banca: la nostra missione core non cambia». Insomma, nuovi tagli in vista che aggraveranno lemorragia occupazionale Usa (2,6 milioni di posti bruciati lo scorso anno) frenando spese private già in affanno. Per il sesto mese consecutivo, le vendite al dettaglio hanno accusato una contrazione: un -2,7% in dicembre, nella stagione per eccellenza dello shopping, equivale a un disastro.
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