da Milano
Tesoro e Banca dItalia si preparano a spostare lasse di equilibrio su cui corrono i reciproci rapporti azionari tra il sistema del credito e il mondo dellindustria. Malgrado lordine dei lavori non sia stato ancora fissato, la decisione dovrebbe essere affrontata in una riunione del Cicr attesa, a meno di imprevisti, prima della pausa estiva. La materia è sfaccettata e ha ricadute su due ordini di problemi: da un lato la presenza dei capitani dindustria nel capitale delle banche, dallaltro la politica di investimento di queste ultime. La decisione del Tesoro di dipanare la matassa è stata anticipata dallagenzia Radiocor e, secondo alcune ricostruzioni, il primo intervento avverrà «a valle». Eliminando quelle norme, oggi più stringenti in Italia di quanto non accada nel resto dEuropa, che vietano alle banche di esporsi verso una singola società oltre un certo peso sul patrimonio di vigilanza (15%). Era accaduto per esempio a Mediobanca che, qualche anno fa, aveva dovuto ridimensionare la propria quota nella Ferrari, poi completamente dismessa.
Un cambiamento molto atteso dalle banche perché dovrebbe assicurare maggiori margini di manovra anche sul fronte del private equity. Resta inoltre da capire come cambierà, seppur sul lungo termine, il mondo azionario a monte delle banche, e quindi le regole che oggi vietano a un socio «industriale» di accumulare ingenti pacchetti di un singolo istituto di credito per evitare possibili conflitti di interesse. In pratica, se la modifica fosse approvata, non ci sarebbero più gabbie precostituite ai movimenti di imprenditori come Romain Zaleski o Francesco Gaetano Caltagirone, grandi soci rispettivamente di Intesa San Paolo e Monte Paschi.
In realtà il problema è molto articolato complici i limiti posti al libro soci dagli statuti delle singole banche.
Pur con modalità da definire, la direzione di marcia tuttavia sembra tracciata. Sebbene previsto dal Testo Unico bancario, il tetto del 15% nei rapporti banca-impresa è infatti da tempo ritenuto anacronistico dalla Vigilanza nonchè in contrasto con la direttiva Ue che lItalia deve recepire entro marzo 2009 e che non prevede la separatezza tra banca e industria.
Il governatore Mario Draghi, ricorda infatti Radiocor, già due anni fa aveva pubblicamente rimarcato come le regole che impongono una rigida separazione banca-industria con vincoli quantitativi costituissero «un caso isolato» nel panorama europeo. In quella stessa occasione il governatore suggeriva di valutarne la compatibilità con le proposte di riforma normativa allora in discussione a Bruxelles e poi varate.
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