da Milano
Troppo chiuse e con troppi costi. LOpa in salsa francese di Bnp Paribas su Bnl non ha cambiato il giudizio dellOcse sulle banche italiane. Che viste dallesterno continuano a restituire limmagine del fortino arroccato a difesa dellitalianità. Una sorta di catenaccio protezionistico a difesa della specie che non ha solo matrice tricolore, ma riguarda lintera zona euro. Fenomeno tanto diffuso quanto «sorprendente» per lorganizzazione parigina, considerati gli sforzi dellUnione europea per favorire e allargare lintegrazione finanziaria tra i Paesi membri.
La rigidità italiana sta soprattutto nella regolamentazione con cui viene disciplinata lentrata nel settore creditizio. I paletti dingresso condizionano gli operatori locali (lItalia è allottavo posto su 30) e soprattutto quelli stranieri (11ª). Posizioni non proprio esaltanti, anche se in altre nazioni la flessibilità è perfino inferiore: ne sa qualcosa Unicredit, impegnato in un braccio di ferro con la Polonia (che occupa infatti la seconda piazza) in seguito alla progettata fusione tra Pekao e Bph. La scarsa apertura delle banche italiane verso lesterno viene comunque testimoniata anche dallammontare dei crediti locali concessi dagli istituti stranieri, pari appena al 5% del totale degli impieghi. Percentuale talmente bassa da collocare la penisola al 21º posto nella graduatoria composta da 30 Paesi, anni luce lontana dall80% della Repubblica Ceca.
La nota dolente riguarda i costi generali, una voce che finisce poi per scaricarsi sulla clientela che spesso rimprovera alle nostre banche di essere troppo care nella gestione del conto corrente o nellerogazione di un mutuo. Ebbene, secondo lOcse lItalia è prima nel G7 per i costi, che ammontano al 5% dellattivo totale. I costi più ridotti sono in Irlanda e Lussemburgo, attorno all1%. Alti costi probabilmente imputabili anche alla scarsa propensione allinnovazione che gli esperti di Parigi imputano al nostro Paese e allancora carente sviluppo del settore finanziario, dove lItalia è anche in questo caso ultima nel G7 con la somma tra prestiti ai privati e capitalizzazione borsistica e dei bond privati pari a 1,7 volte il Pil rispetto alle oltre quattro volte di Svizzera e Usa.
A livello generale, la raccomandazione dellOcse per lItalia è riassumibile con lo slogan «meno fisco e meno Stato nelleconomia, più formazione». La riduzione della proprietà pubblica nelle imprese è considerata un fattore essenziale «per accrescere concorrenza e innovazione.
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