Morgan Stanley «bacchetta» le banche italiane rivedendo al ribasso i prezzi obiettivo e due giudizi (Intesa Sanpaolo e Mediobanca «tagliate» da equal-weight a under-weight, sottopesare). Il peggioramento della qualità dei crediti a causa degli effetti della crisi e le difficoltà del funding incideranno negativamente sulle performance dei titoli nei prossimi mesi. In una giornata normale, valutazioni così tranchant avrebbero causato uno sconvolgimento in Borsa, ma lottimismo sulla permanenza della Grecia nellarea euro ha ridato fiato al settore. E così tutte le big - con leccezione del Banco (-0,16%) - ieri hanno riguadagnato terreno: da Ubi (+3,7%) a Intesa (+3,6%) passando per Unicredit, Bpm e Mps (tutte e tre +2,5%).
Ma cosè che preoccupa gli analisti di Morgan Stanley, tanto da indurli a un richiamo così severo? Fatta la debita premessa («sono più solide di quelle spagnole»), gli esperti rilevano che «cè una vulnerabilità che non deve essere sottostimata in un quadro di deterioramento delleconomia», indipendentemente dalla conservazione dello status quo in Eurolandia. Dietro i formalismi cè una cruda realtà da esaminare: potrebbero servire nuovi aumenti di capitale. Se le regole di Basilea 3 richiedono un Core Tier 1 del 9-10% per tutti i gruppi, «non cè motivo di trattare le banche italiane in maniera diversa» solo perché fanno un business più semplice e meno rischioso (mantra dellAbi dopo i recenti downgrade di Moodys). Ecco perché, in prima istanza, alle prime sette banche italiane per raggiungere quei target potrebbero servire tra i 5,2 e i 12,3 miliardi. In gran parte ascrivibili a Mps (per le quali Morgan stima uno shortfall attuale di 2 miliardi circa mentre il gap per il 9% è di 3,6 miliardi). Certo, laumento non è lunica strada, ma con gli attuali valori di Borsa gli asset si dismettono a un prezzo inferiore a quello di libro.
«Linazione non è unopzione», spiegano gli analisti, perché le sofferenze lorde sono già al 12% dei crediti e, se la crisi persisterà, un tasso di copertura inferiore al 50% (solo Intesa e Unicredit sono più prudenti attualmente) non è sufficiente.
Si tratta, conclude Morgan, di una cifra che vale tra l1,5 e il 3% del pil (10-20% delle esigenze annue di rifinanziamento dellItalia) e, per sostenere la crescita, il governo potrebbe anche farci un pensierino...