Claudia Laffranchi
da Los Angeles
Sette anni dopo le scintille scatenate dallaccoppiata Antonio Banderas e Catherine Zeta-Jones nella Maschera di Zorro, il protettore degli oppressi ritorna con unavventura che vede i due protagonisti sposati e con un figlio di dieci anni. Ma Zorro non ha propriamente appeso cappa, maschera e spada al chiodo e mentre Elena si lamenta delle sue continue assenze da casa, il piccolo Joaquin - lattore messicano Adrian Alonso, che ha imparato linglese per questo ruolo - è deluso da un padre che, per i suoi gusti avventurosi, è molto meno eccitante del suo idolo Zorro. Le circostanze politiche della California del 1850, con una campagna elettorale terrorizzata da bravacci e un nemico appartenente a una misteriosa società segreta antiamericana, spingeranno la famiglia a separarsi per poi ritrovarsi a lottare fianco a fianco, con Elena nella parte di una spia e Joaquin in quella di un mini Zorro nelle cui vene scorre chiaramente il sangue paterno.
Banderas, che effetto le ha fatto vestire nuovamente i panni di Zorro?
«È stato divertente, ma sono passati sette anni ed è stato più difficile gestire laspetto atletico del film, anche perché non ho avuto molto tempo per prepararmi e meno ancora per riposarmi. Passavo sempre da una scena fisica allaltra, dallessere appeso a una gru con un cavo nascosto sotto il costume al girare scene dazione con la seconda unità».
E per lei, Catherine?
«È stato un déjà vu pazzesco. Ho visto Antonio nel suo costume e mi sono chiesta: "Sette anni, dove sono andati a finire?". Poi ho dato unocchiata ai miei figli e mi sono ricordata dove. Comunque ero felice di rientrare ancora nei corsetti della passionale Elena, anche dopo aver avuto due bambini».
Avete girato molte delle vostre scene d'azione?
Banderas: «Meno di quelle che mi piacerebbe fare e molte di più di quante mia madre vorrebbe che facessi. Mi piacerebbe fare di più, ma a volte lassicurazione non lo permette, a volte proprio non ci riesco fisicamente. Persino la mia controfigura ha avuto dei problemi e purtroppo si è rotto una gamba in quattro punti. E questo perché abbiamo voluto fare un film come i western degli anni 40-50, dove se un tizio cade da cavallo non è un effetto speciale. Sono invece felice di aver ritrovato labilità con la spada. Per il primo film mi ero allenato per quattro mesi con la squadra olimpica spagnola ed è un po come andare in bicicletta: una volta che hai imparato non lo dimentichi anche se non ci vai più da un pezzo. Poi si è trattato di seguire bene la coreografia: è come un balletto ma più pericoloso».
Zeta Jones: «Adoro tirar di spada, è divertente ed è un ottimo esercizio fisico. Dopo il primo film mi ero ripromessa di continuare a farlo come hobby, ma poi la pigrizia ha avuto il sopravvento».
Chi potrebbe essere Zorro oggi?
B: «Zorro non è una persona, è una fantasia, una metafora, ma ci sono molti posti sulla terra che avrebbero bisogno di uno Zorro. Posti dove non cè giustizia e dove la gente non sa a chi rivolgersi quando il governo o la polizia non fanno il loro dovere. Forse una figura come il subcomandante Marcos ha un che di Zorro, anche se lui usa una maschera diversa. Marcos lotta per i contadini del Chiapas, costretti a lavorare praticamente come schiavi mentre il territorio del loro stato appartiene a pochi latifondisti».
Z-J: «Sarebbe bello che ci fosse più gente con lo spirito e la morale di Zorro, gente senza poteri speciali che si batte per i diritti degli oppressi».
E lAmerica avrebbe bisogno di uno Zorro oggi?
B: «Se pensa alla prima sequenza del film, dove Zorro impedisce che le schede elettorali vengano rubate, quanti Zorro ci sarebbero voluti per controllare le elezioni in Florida nel 2000? Ma non penso che si possano fare troppe analogie con quello che succede oggi, anche se ci sono sicuramente allusioni ad avvenimenti politici contemporanei, come gli agenti segreti e le armi di distruzione di massa, perché viviamo in unepoca complicata e confusa e certe cose permeano la nostra cultura. Ma sono cose che ad esempio un ragazzino non nota nemmeno ed è un bene, perché Zorro è un personaggio davventura, non una figura politica e questo è un film per famiglie, una commedia d'azione».
Che cosa ha in comune con il suo personaggio?
B: «Lo humour e a volte un po di senso di colpa perché il mio lavoro spesso mi tiene lontano dalla famiglia. Ma mia moglie Melanie (Griffith, ndr) è comprensiva e capisce che ciò fa parte del nostro mestiere».
Z-J: «La sua passione, la sua esuberanza, il suo senso dello humour».
Nel film vostro figlio si rivela essere un mini Zorro. Vi piacerebbe che nella vita reale i vostri figli seguissero le vostre orme?
B: «Non necessariamente, ma sosterrò Stella qualunque sia la scelta che farà. Credo che al momento però non ami il mestiere dellattore perché sa che è per questo che sono via da casa così tanto. Mentre credo che ci siano chance che Dakota, la secondogenita di Melanie, sia interessata alla recitazione perché non le piace andare a scuola, il che è sempre un fattore indicativo».
Z-J: «Se è quello che vogliono fare, assolutamente. Per me recitare è una passione che mi ha dato molte soddisfazioni, quindi nessun problema. Penso che i miei due figli ce labbiano già nel sangue, perché sono assai teatrali. Non so cosa ne penserebbe Michael, perché crescere come figlio di Kirk Douglas è stato duro per lui e per i miei figli essere la terza generazione dei Douglas potrebbe essere uno stress addizionale».
Quali sono i vostri progetti dopo La leggenda di Zorro?
B: «Sto preparando un film tratto dal romanzo El Camino de los Ingleses, di Antonio Soler, di cui farò anche la regia. È importante per me tornare a fare cinema in Spagna, sono stato lontano troppo tempo. E ho anche aperto una società di produzione per cercare nuovi talenti locali, specialmente in Andalusia».
Z-J: «A gennaio comincerò a girare il remake di Ricette damore, film tedesco in cui recitava anche Sergio Castellitto e poi sto preparando un film biografico su Lana Turner. Ho appena fatto un test per vedere come mi sento nei panni di una bionda, sarà una sorpresa.
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