Bankitalia e i due consigli di Algebris

L’assemblea di sabato a Trieste prende sempre più la forma di un’esame per misurare la forza di Algebris. Davide Serra, che guida il fondo attivista, con il solo 0,5% del capitale è riuscito a mettere a soqquadro il salotto buono. Prima, nell’ottobre scorso, ha contestato la gestione del gruppo. Poi si è accorto che in assemblea si eleggeva il collegio sindacale e ha presentato una lista: se il suo candidato otterrà abbastanza voti avrà diritto ad essere il presidente dei sindaci. Così facendo, Serra ha trasformato l’assise triestina in un «referendum» su Algebris. In un happening che verrà seguito persino dai giornalisti russi del quotidiano Vedemosti, per la prima volta alle Generali. Chapeau.
In campo, dopo il clamoroso autogol dei Benetton, causato dallo stesso Serra, ci sono tre liste: quella di Mediobanca-cda, che otterrà la maggioranza e due dei tre sindaci, e quelle di Serra e Assogestioni, in un testa a testa per il presidente. Arbitro probabile della partita, la Banca d’Italia, che con il 4,4% può essere decisiva.
Ma qui è stato Serra a farsi autogol, da solo: pochi giorni fa, il 9 aprile, in una nota Algebris sollecitava Bankitalia «a esprimere il proprio voto a favore di una lista di minoranza presentata da qualificati investitori istituzionali».

Mentre martedì, forse dopo aver visto Bankitalia votare per Assogestioni nell’assemblea Telecom, in un’intervista al Sole 24 Ore Serra si auspica che Draghi «si astenga nel voto». Anche per un «puro» del mercato, dunque, la coerenza è un optional.

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