Una Bankitalia federalista nel menu della cena di Arcore
31 Agosto 2005 - 00:00Nellincontro Berlusconi-Bossi spunta lipotesi delle Regioni nellazionariato di via Nazionale
Adalberto Signore
da Roma
«Appena torno dalla Russia ci dobbiamo vedere», aveva detto nel fine settimana Silvio Berlusconi a Umberto Bossi. E così è stato. Ieri sera aa Arcore si è presentato tutto lo stato maggiore della Lega, dal Senatùr (il primo ad arrivare con la sua abituale Volvo verde) ai ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni. Allordine del giorno, il caso Bankitalia ma pure le ultime accelerate dellUdc, la premiership («il Consiglio federale di lunedì sancirà ufficialmente che il candidato della Lega è Berlusconi», anticipa il titolare delle Riforme), la legge elettorale e la querelle in Regione Lombardia tra Roberto Formigoni (presente pure lui alla cena) e Alessandro Cè, lassessore leghista sospeso «dalle funzioni» dopo il duro braccio di ferro delle ultime settimane sulla Sanità regionale.
Su Bankitalia, il nodo da sciogliere in vista del Consiglio dei ministri di venerdì è quello di sempre: lalternativa tra una riforma della Banca dItalia o unautoriforma dellistituto da una parte; la durata del mandato del governatore dallaltra. Perché - spiega Maroni - vogliamo presentarci con «una soluzione concordata» e fare in modo che «non ci sia alcuno scontro in Consiglio dei ministri». La linea del Carroccio è quella di sempre. Bossi resta convinto che Antonio Fazio «è stato vittima di unoperazione poco chiara» che aveva lobiettivo di delegittimare il governatore, «fermare il progetto di una banca del Nord» bloccando lOpa della Bpi di Gianpiero Fiorani sullAntonveneta e «arrestare» la scalata al Corriere della Sera. E quindi, non è tanto Fazio che va difeso - perché «quando ci siamo trovati davanti ai crac Cirio e Parmalat non abbiamo avuto tentennamenti nel criticare il suo comportamento», ripete da tempo Calderoli - ma il progetto in sé. La Lega è pure convinta che «bisogna dire basta alleccessiva concentrazione di capitali stranieri nelle nostre banche». Nel vertice straordinario di lunedì in via Bellerio i ministri del Carroccio hanno anche tirato fuori i numeri: il 28-29% dei capitali dei nostri istituti di credito è straniero contro una media dei Paesi europei del 6%. Cè poi il capitolo intercettazioni, perché secondo i vertici della Lega sarebbero state gestite «strumentalmente». E in via Bellerio cè chi ha ipotizzato che a passarle ai giornali non sia stata solo una talpa della Procura ma pure «qualche organo di vigilanza». È per tutte queste ragioni che Maroni si dice convinto che «il governo non può costringere alle dimissioni Fazio» ed esclude provvedimenti «punitivi» contro il governatore.
Sulla questione Berlusconi è come al solito molto prudente. La soluzione potrebbe essere quella di una riforma complessiva della Banca dItalia che parta da una revisione del suo azionariato. Le questioni sono tante - aveva spiegato nel pomeriggio Maroni dopo un incontro con il ministro dellEconomia Domenico Siniscalco - ma la «prima è quella della proprietà» perché «in Italia si vive in un clamoroso conflitto dinteressi in cui i controllati sono azionisti di un ente che li controlla». Insomma, gli istituti di credito dovrebbero uscire da Bankitalia. E - unidea che al Carroccio non può che fare piacere - magari lasciare spazio alle Regioni (che potrebbero entrare come azionisti) per dar vita a una sorta di Bankitalia federalista. I precedenti non mancano: basti pensare alla Sardegna che ha quote del Credito Industriale Sardo (Gruppo Intesa) o alla Sicilia che è nel patto di sindacato di Capitalia. La riforma non sarà una sanzione verso Fazio e quindi «deve coinvolgere tutto il Parlamento, opposizione compresa».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.