Bankitalia promuove Giulio: strada giusta

RomaSe ridurre l’oppressione burocratica sull’economia è difficile (ma possibile), la sfida dei conti pubblici si presenta forse ancor più ambiziosa. Bankitalia apprezza gli obiettivi di riduzione del deficit che il governo si è posto con l’ultimo Documento di economia e finanza, ma non nasconde che il percorso di consolidamento sarà difficile e dovrà essere tarato con cura soprattutto sul fronte della spesa pubblica.
In una audizione alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato sul Def, il vicedirettore generale di via Nazionale, Ignazio Visco, dice infatti che per arrivare al pareggio di bilancio bisognerà incominciare il cammino molto presto, già dal settembre prossimo, e che un ruolo determinante lo svolgerà «il contenimento della dinamica della spesa». Mentre il recupero di evasione fiscale potrebbe consentire una riduzione delle aliquote, troppo elevate nel confronto europeo (nel 2009 superava di circa 4 punti percentuali la media degli altri paesi dell’Ue).
Per l’obiettivo pareggio nel 2014 saranno necessarie correzioni sensibili dei conti, lo ha confermato lo stesso Tremonti martedì sera in Parlamento pur rilevando che si tratta di «una richiesta fra le più basse al mondo». L’intervento si concentrerà nel biennio 2013-2014. Sul quantum degli interventi da qui al 2014, Bankitalia indica una cifra di 35 miliardi di euro, che appare «una stima prudente». Il numero lo si deduce direttamente dal Documento di economia e finanza: una correzione di 2,3 punti di Prodotto interno lordo vale, spiega Visco ai parlamentari, circa 35 miliardi di euro. Il percorso è quello giusto, coerente con le nuove regole europee di bilancio. E i primi mesi di quest’anno confermano una dinamica favorevole dei conti dello Stato. Già nel 2012 il deficit dovrebbe ritornare sotto il limite del 3% del pil, previsto nel patto di stabilità europeo.
Programma ambizioso, quello del governo, perché implica «una contrazione della spesa considerevole e prolungata nel tempo», osserva Bankitalia. È questa la strada da percorrere, ma per contenere l’impatto dell’aggiustamento di bilancio sul sociale e sul sistema produttivo, «le politiche pubbliche devono mirare a rafforzare il potenziale di crescita dell’economia, elevando la competitività delle imprese, la produttività e l’occupazione, e migliorando la qualità dei servizi pubblici e della regolamentazione». E che la questione centrale sia proprio quella della crescita è confermato dall’Istat. Il presidente dell’istituto di statistica, Alberto Giovannini, spiega davanti alle commissioni Bilancio che lo sviluppo della nostra economia «è caratterizzato da una velocità troppo bassa, sia per riassorbire la disoccupazione che per aiutare il consolidamento dei conti pubblici».
Dal termometro delle imprese arriva tuttavia qualche segnale rassicurante. L’emorragia di occupazione è in esaurimento, e la domanda di lavoro sta tornando ad aumentare, in particolare l’occupazione a tempo determinato (+1,5%). I dati del centro studi della Confindustria mostrano un’economia a doppia velocità, elevata in alcuni Paesi e in ritardo altrove. L’Italia va piano.

Un rallentamento può essere fisiologico dopo mesi di ripresa veloce, ma incominciano anche a farsi sentirei rialzi delle materie prime, specie del petrolio, gli aumenti dei tassi d’interesse e l’impatto dei sommovimenti politici in Nord Africa e Medio Oriente. Fra i dati positivi, le esportazioni che «mantengono un buon passo», e l’occupazione stabile.

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