Economia

Bankitalia vede un 2009 da incubo Tremonti: «Ma non sarà il Medioevo»

RomaLa Banca d’Italia prevede un 2009 caratterizzato da un pesante clima recessivo con una contrazione del prodotto interno lordo del 2% su base annua, una flessione paragonabile a quella del biennio 1974-1975 quando la crisi petrolifera mise in ginocchio l’economia italiana.
I sinistri presagi di Via Nazionale non mettono, però, in allarme il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti che ieri nel corso di una conferenza stampa non ha drammatizzato. «E allora?», ha risposto sottolineando che «alla peggio torniamo ai livelli del 2005-2006, non è il Medioevo». Il titolare del Tesoro, pur mettendo in rilievo che i dati di Bankitalia sono «realistici» e che insieme con quelli di Fmi, Ocse e Commissione Ue definiscono lo scenario analizzato da Via XX Settembre, ha evidenziato che troppo spesso le previsioni si rivelano «esercizi congetturali» in quanto l’evoluzione dell’economia mondiale è caratterizzata dalla «discontinuità».
Ad ogni modo, le indicazioni dell’istituto guidato da Mario Draghi non inducono troppo all’ottimismo. La caduta del 12% circa registrata dalla produzione industriale a novembre lascia intendere che la fase recessiva proseguirà nel 2009, mentre l’anno successivo si tornerà a una crescita dello 0,5% «beneficiando di una ripresa dell’economia mondiale e degli scambi internazionali».
Ma perché Bankitalia ha elaborato stime di un punto percentuale peggiori rispetto a quelle del consensus internazionale? Fondamentalmente per effetto di un calo tendenziale del 7,3% degli investimenti fissi lordi, soprattutto quelli da parte delle imprese, bloccate da un lato da attese negative sulla tenuta della domanda e degli utili e dall’altro da un progressivo restringimento dell’accesso al credito.
A questo si aggiunge un ristagno dei consumi privati (-0,2%) dopo un 2008 caratterizzato da un calo dell’1% del reddito disponibile solo parzialmente compensato dall’incremento dello 0,2% atteso per ciascun anno del biennio 2009-2010. Solo lo stop dell’inflazione (1,1% quest’anno e 1,4% il prossimo) rendono meno fosco un quadro caratterizzato da una flessione sia dell’export che dell’import. «Sulle prospettive di crescita - conclude Bankitalia - continuano a gravare dubbi circa l’effettiva profondità della crisi in alcune economie emergenti».
Non tutte le istituzioni sono allineate a Via Nazionale. Basti pensare che ieri Confcommercio ha presentato un rapporto nel quale si prevede quest’anno un calo del pil dello 0,6% (accompagnato da una contingente flessione dei consumi dello 0,7%) e una sostanziale stagnazione l’anno prossimo (+0,1%). Sono queste discrepanze a sostenere l’impianto critico tremontiano. «Tutti questi oracoli economici ci devono spiegare qual è la causa e non solo darci la cura», ha affermato il ministro dell’Economia secondo cui «troppi guardano il dito e non la luna» ricordando che «quelli che oggi danno i numeri sulla crisi sono quelli che ci davano i decimali di sviluppo» (Bankitalia a luglio prevedeva un +0,4% nel 2009; ndr).
E la crisi è di stampo finanziario e «dentro la finanza c’è un deficit di fiducia che deriva da entità non identificate», ha osservato Tremonti. «Molti correvano più dell’Italia perché erano drogati», ha aggiunto il ministro ribadendo il proprio scetticismo sui piani di stimolo che trasferiscono il debito dal settore privato a quello pubblico senza essere risolutivi giacché l’ammontare dei derivati è pari a 12,5 volte il pil mondiale.

Insomma, ha concluso, «la cura non è fare debito pubblico, ma risparmiare, investire, lavorare».

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