Le banche americane hanno combinato un bel pasticcio. E questo ormai lo insegnano alle scuole elementari. Hanno assunto rischi che non potevano sopportare e hanno alimentato una gigantesca bolla immobiliare. Ne paghiamo ancora le conseguenze. Il punto è proprio questo: le banche, i loro manager, che conseguenze stanno pagando? Nel pieno del grande caos, il presidente Obama, appena eletto, ha fatto due cose. Ha nominato come suoi consiglieri e ministri, dirigenti dell’establishment bancario. Ha poi continuato la politica degli aiuti al sistema creditizio (il fondo Tarp messo in piedi dall’ex banchiere e ministro del Tesoro di Bush, Paulson).
L’emorragia dei mercati si è fermata. Il temuto crollo del capitalismo non c’è stato. E le banche hanno ripreso a fare affari as usual. Anzi meglio del solito. Nel momento del bisogno è arrivato il cerotto degli aiuti governativi; oggi macinano utili grazie alla materia prima (il danaro) che viene loro fornita praticamente a tasso zero dalle banche centrali. Meglio di così è difficile fare: ti presto un mucchio di quattrini quando sei in emergenza e continuo a darteli a tassi di favore anche dopo. Sono dunque passati pochi mesi e le grandi banche americane non solo hanno restituito al Tesoro quanto ricevuto, ma stanno chiudendo bilanci da capogiro. Con l’inevitabile appendice che sempre segue la messe di dividendi: un bel bonus per chi li ha generati.
La storia si chiuderebbe così: tutti felici e contenti. Senonché il pasto dei banchieri non è gratis. Nell’emergenza si è detto: se lasciamo morire di fame il cuoco, cioè le banche, salta il pasto per tutti. E vada. Oggi si dice: continuiamo a sostenere le banche perché diano ossigeno all’economia. Il punto è che il business americano, tranne quello di Wall Street, non gira ancora per il verso giusto. Anzi stenta a riprendersi. E per di più sulle spalle di quel sistema produttivo che arranca si dovranno prelevare le risorse per ripagare i pasti dei nostri banchieri. Il salvataggio delle banche non è stato a somma zero. C’è stato un bel più per i banchieri e un gigantesco meno per il resto dei contribuenti americani.
Lo schiaffo che il partito democratico si è beccato nel Massachusset è un segnale fenomenale di questo stato di cose. Insomma per un democratico perdere il seggio dei Kennedy è come eleggere Gasparri a Livorno. Una roba da non credere. Ecco perché l’amministrazione americana si sta dando da fare. Prima ha giocato la carta della tassazione sulle banche: 90 miliardi di superimposta per i cattivi della crisi. E ieri le nuove regole: le banche devono essere più piccole e prendere meno rischi. Wow. Speriamo che qualcuno scriva poi una legge che identifichi questo manuale delle Giovani marmotte.
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