Barbara e Maurizio, la pace senza medaglie

Lei: «Il nostro sguardo dell’altra sera? Era solo di sfiducia»

(...) uno, due, dieci baci veri, Barbara ha nascosto il viso, piangendo lacrime nervose, sulla spalla di Maurizio. Maurizio ha tenuto alta la testa, con l’orgoglio di chi si era riscattato dopo la gaffe ma pure lui ha strizzato gli occhi per cacciar via il pianto. Hanno atteso il verdetto dei giudici recitando un’altra sit com, lui sussurrando alla telecamera «noi siamo fatti così», lei restando rattrappita vicino a Nina Linichuk, coach. I giudici non si sono commossi più di tanto, il loro punteggio non ha avuto acuti clamorosi, è spuntata anche una penalità sfuggita al mondo presente. Ma il totale ha riportato a galla la coppia azzurra, al primo posto parziale, caramelle al miele dopo le pastiglie al cianuro. «Non avevamo dormito, dopo lo choc, e lo sguardo di ieri era di sfiducia...», parole del dopo ballo finale, per ribadire che la notte scorsa deve essere stata come nella guerra dei Roses. Barbara era Kathleen Turner (Barbara Rose nel film di De Vito), Maurizio era Michael Douglas. Non so se siano volati piatti e porcellane, non so se qualche gatto abbia fatto una brutta fine e nemmeno se qualche automobile sia finita sfasciata contro un muro. So che i Roses di Torino, Palavela intendo, sono diventati improvvisamente i due amanti di scena, Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio, clamorosamente separati in pista, non soltanto per una caduta, più freddi del ghiaccio sul quale si sono allenati in mattinata e si sono poi esibiti nella serata delle medaglie.
Notte lunga, piena di cattivi pensieri che tornavano a quella caduta, quell’ultimo passo, difficile, troppo difficile al termine di filati e legati che erano sembrati belli, degni di un punteggio alto. Quell’immagine, al termine della danza, il fotogramma dei due, di fronte, le mani sui fianchi, impettiti, senza il bacio finale, quasi pronti invece a una specie di duello, non più a un balletto, quell’immagine è diventata la cartolina buffa dei Giochi, un’icona.
Dopo il samba velenoso Fusar Poli e Margaglio hanno voluto scegliere per la serata finale, quella musica imperiosa ma imprevista, la colonna sonora del Principe d’Egitto, note composte da Harry Gregson Williams. Hanno stupito e spaventato tutti, forse cercando di impressionare i giudici. Ci sono riusciti ma con effetto contrario, come ha sostenuto la Fusar Poli una volta conclusa l’esibizione. Per noi italiani la colpa è sempre dell’arbitro, anche nella danza: «L’altra sera abbiamo sbagliato e pagato... forse troppo, qualcuno ci ha fatto una cattiveria, ha preferito allontanarci il più possibile dal podio».
Scelta comunque difficile la loro, dopo il tango degli americani Silverstein-O’ Meara, il flamenco degli ungheresi Hoffmann-Elek, il My fair lady dei giapponesi Watanase-Kido e The Mission di Morricone che ha fatto risalire dall’inferno di domenica la nostra seconda coppia, Federica Faiella e Massimo Scali, che li hanno preceduti o il Bolero di Ravel preferito dagli israeliani Chait-Sakhnovski o la splendida Suite della Carmen di Bizet dei russi Tatiana Navka e Roman Kostomarov, in traje de luz come un torero, oro puro di questo lunedì così come lo erano stati nella notte di domenica, la notte dei Roses. Indimenticabile.

O forse da dimenticare per sempre.
Stasera torniamo a sperare nello zucchero a velo della Kostner. Carolina ha portato la bandiera quella dolce sera della cerimonia inaugurale. Dovrà sventolarla. Ancora. Oggi e giovedì notte.

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