
Bravo, bravissimo. Breve, brevissimo.
In tempi di Grandi Storie, saghe infinite, romanzi-polpettone, narrazioni fiume e pagine a cascata, la forma breve-brevissima può essere un salutare riparo per il lettore. In Italia si ripete che le raccolte di racconti non vendono, figuriamoci una raccolta di microstorie - favole rivisitate in due cartelle, aforismi narrativi e romanzi nanometrici (ossia «storie da 600 battute»: e la nostra preferita è intitolata Nada, protagonisti un fan di Nada, la cantante, e il commesso di negozio di dischi che parla spagnolo) - come quelli che Roberto Barbolini ha messo insieme nel suo Breve Brevissimo (Vallecchi, pagg 180, euro 16) che è un esercizio di stile funambolico e insieme un originale testo di retorica applicata alle nanotecniche. Come condensare un classico in un paragrafo, come costruire un sistema filosofico in una battuta, come parodiare luoghi comuni letterari e motti celebri in meno di un tweet... Exempla. Titolo: Saggezza indiana, svolgimento: «Non v'è chi non Veda». Oppure. Titolo: Pensiero debole, svolgimento: «Vattimo fuggente». E anche. Titolo: Vampiri in astinenza, svolgimento: «Rara A.V.I.S.»
Roberto Barbolini è romanziere e giornalista, ha vinto premi, ha lavorato con Giovanni Arpino al Giornale di Indro Montanelli, è stato critico teatrale del Panorama che fu. Ed è un notabile Patafisico. Ha la saggezza che gli conferisce il pizzetto bianco, è coltissimo e conosce ben il senso del nonsense. Un cocktail micidiale. Mescolando bene gli elementi, il risultato è un libro di 180 pagine di rara brevità.
Si segnalano: la copertina (una matita intonsa accanto a un matita ridotta a mozzicone). L'esergo («Siamo brevi, il mondo è sovraffollato di parole», che è un pensiero spettinato di Stanislaw Lec). La piccola storia caustica Premio Strega (c'è una scrittrice, c'è un Grande Inquisitore...). La fiaba rivisitata e molto poco corretta Agente zero zero tette.
E il racconto, dedicato a Giuseppe Pontiggia», scrittore che avrebbe apprezzato Breve Brevissimo, costruito attorno ai grandi incipit della Letteratura. Comincia con Chiamatemi Ismaele, finisce con Delitto e castigo condensato in centoquaranta caratteri ed è lungo neanche tre pagine. Eroico.