Barbot, il piccolo grande paradiso di Parigi

Paolo Marchi

nostro inviato a Parigi

Pascal Barbot, in cucina, e Christophe Rohat, in sala, guidano a Parigi un ristorante piccolo nelle dimensioni, 25 coperti, ma grandissimo nella qualità anche perché molto poco francese, sia chiaro la Francia della grandeur, della presunzione, del burro e delle salse indiscriminate, quella chiusa nel suo passato.
L’Astrance è in zona Torre Eiffel, merita il viaggio per la qualità e per aggiornare l’orologio e aprire gli occhi. C’è anche una Francia giovane, che la rivista e la guida di Omnivore, www.omnivore.fr, fotografano molto bene, un esercito di «sono giovani e sono già bravi» che rispetto ai baby di casa nostra hanno un vantaggio enorme: una robusta professionalità di base.
I due soci, dopo un paio di anni con il turbo aperto, ora riescono anche a tirare il fiato. Ad esempio chiudono da sabato a lunedì perché non sono in grado di reperire materie prime perfette e poi perché «in Francia c’è crisi di personale: a Parigi nel weekend chi è bravo non lavora, torna in provincia». Sapesse in Italia...
In ogni modo, a pranzo ci sono anche piatti unici, nonché un menu stagionale e un piccolo menù ma l’apoteosi è con il menu sorpresa, obbligatorio a cena, con o senza vini, cosa che spiega il prezzo di 250 o 150 . Chi pensa sia un posto caro deve pensare che Pascal è stato premiato come cuoco dell’anno 2005, che la sua cucina è solo la sua e solo lì, no bistrot no consulenze, e che nessuno vi obbliga a mangiarvi anche perché non si va da lui per nutrirsi anche se meglio lui di tante trattorie, etnici e locali vari dai famigerati prezzi onesti.
Barbot usa olio extra vergine, pochissimo burro, zero panna e niente sale. Parte, nel suo minimalismo, da un elemento principale, che può essere molto poco culinariamente corretto come una commovente lepre in due servizi, e lo veste senza mai stravolgerne il gusto robusto e intenso.


Una ventina di portate, una sinfonia con alcuni capolavori come la Torta di foie gras e champignons, una millefoglie bianca che quasi non vorresti rompere per l’eleganza; il Pesce di lago alle castagne e crema di aglio; una incredibile Indivia brasata con burro di speculosa (tipici biscotti belgi secchi) e crema di caffè, una verdura trattata come una sorta di dolce-non dolce che predispone il palato a una paradisiaca Zuppa di pane tostato, in pratica una colazione del mattino, due momenti, l’indivia e la pappetta, di stacco tra il pesce e la carne. Così si mangia in paradiso.
E-mail: paolo.marchi@ilgiornale.it

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