Bari Il giallo del detenuto suicida: testimoniò contro i secondini

È morto ieri in ospedale, dopo sette giorni di agonia. Lui, Carlo Saturno, 22 anni, il giovane che nel 2006 denunciò le sevizie nel carcere minorile di Lecce, non ce l’ha fatta: la macchina che lo teneva in vita è stata staccata ieri sera intorno alle sette. E adesso sulla tragica fine di quel ragazzo che il 30 marzo si è impiccato nella cella di Bari, dove era detenuto per furto, indaga la procura. Il reato ipotizzato a carico di ignoti è istigazione al suicidio mentre affiorano ulteriori, inquietanti retroscena: il 29 marzo Saturno avrebbe aggredito un agente ferendolo a una mano e per bloccarlo sarebbero intervenute altre guardie; per questo era stato arrestato. Il giorno dopo il ventiduenne ha tentato di togliersi la vita con un lenzuolo. Ma i familiari non credono al suicidio. «Non si è impiccato da solo», dice la sorella Filomena mentre il fratello Ottavio, rivela che appena una settimana prima il ventiduenne aveva scritto una lettera chiedendo un paio di scarpe e un giubbotto. Insomma, i dubbi si accavallano. E per fugare ogni sospetto è stata disposta l'autopsia, che sarà eseguita oggi.
Intanto, ieri è scattata una perquisizione nel carcere di Bari. Gli investigatori stanno tentando di identificare gli agenti che lo hanno bloccato durante il burrascoso trasferimento di padiglione.

Il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, ha disposto un'inchiesta interna. Saturno denunciò violenze nel carcere minorile di Lecce ed era parte civile nel processo contro nove agenti della Polizia penitenziaria accusati di sevizie.

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