Barista cinese: «Sei nero, il caffè costa 10 centesimi in più»

«Sei nero, paghi il caffè un euro»: così un extracomunitario africano si è sentito dire da alcuni esercenti cinesi. È avvenuto in un bar di Spilimbergo, a pochi chilometri da Pordenone. Ma l’uomo ha deciso di reagire alla frase razzista, rivolgendosi ai carabinieri. L’extracomunitario ha denunciato, quindi, di essere stato vittima di atteggiamenti discriminatori da parte del gestore cinese di un bar, che gli avrebbe chiesto un euro per un caffè al posto dei 90 centesimi praticati agli altri clienti.
Ma ora la titolare cinese del bar cerca di dare la colpa ai suoi clienti italiani: «Ho fatto solamente ciò che i miei clienti italiani mi chiedono: fare pagare di più a coloro che disturbano», è la «giustificazione» che Xia Peipei, 20 anni, cinese da cinque anni in Italia, ha dato per l’aumento del prezzo di un caffè a un immigrato del Burkina Faso, nel suo locale di Spilimbergo.
Contattata dall’Ansa, la giovane titolare dell’esercizio non ha negato l’episodio: «Sono dispiaciuta - ha precisato - perché anch’io sono straniera e sono in Italia per lavorare. Anche quando ero a Padova i miei titolari mi dicevano di maggiorare il prezzo delle consumazioni nei confronti di avventori indesiderati, così da scoraggiarne il ritorno».
«Domenica scorsa - ha quindi raccontato - questo ragazzo si è comportato in maniera maleducata e ha insultato la mia dipendente, quando ha visto i 10 centesimi in più. A quel punto c’è stato un diverbio, ma non a sfondo razzista. Non abbiamo nulla contro i cittadini africani ma cerchiamo di assecondare le richieste di tranquillità dei nostri clienti italiani - ha quindi precisato - che sono la quasi totalità».
Esprimendo «imbarazzo» per la situazione, Xia Peipei ha però ribadito che «senza gli italiani il mio bar chiude, sono stati loro a invitarmi a non essere indulgente con qualche facinoroso e con quei pochissimi che vengono qui - ha concluso - senza curare, come dovrebbero, la loro igiene personale».
«I cinesi possono avere un po’ di classismo. Accade anche in Cina con gli immigrati che dalle campagne si trasferiscono nelle grandi città. E quelli che hanno raggiunto un certo status, anche in Italia, possono avere anche un po’ di snobismo. Ma una vicenda come quella di Spilimbergo con il bar cinese che fa pagare agli extracomunitari africani il caffè più caro non l’ho mai sentita e mi spiace»: a parlare così all’Ansa è Marco Wong, rappresentante della comunità cinese in Italia, punto di riferimento di Associna, impegnato da anni a mostrare agli italiani i cinesi fuori degli stereotipi.
«Cinesi razzisti? Non più di altri popoli, il razzismo purtroppo può esistere dappertutto e quindi non mi sento di poterlo escludere.

Chi è qui in Italia immigrato - dice in perfetto italiano, essendo tra l’altro laureato in ingegneria al Politecnico di Milano, esempio di G2 o come preferisce definirsi «un italiano di origini straniere» - è stato probabilmente vittima di piccoli o grandi episodi di razzismo, e sarebbe doppiamente spiacevole che a sua volta lo diventasse con chi sta peggio di lui, o almeno voglio sperare che sia così».

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