Politica

Baristi e panificatori in rivolta Stangata media di 7mila euro

Pietro Balducci

da Milano

La rivolta del pane non ci sarà, almeno per il momento. Ma a dare l’assalto ai forni, nell’estate afosa del 2006 ci ha pensato, invece, il ministro Bersani, con il suo famigerato decreto sulle liberalizzazioni. Che ha fatto inferocire, fra gli altri, anche i panettieri, che si sono sentiti toccati nel portafoglio.
Secondo uno studio elaborato dalla Cgia di Mestre, questo decreto peserà per circa 7mila euro all’anno sui panifici e i bar. Secondo Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, «il provvedimento sulla liberalizzazione delle licenze di bar e panifici penalizzerà gli incassi di questi operatori. Per ciò gli studi di settore devono essere rivisti e ritarati su nuovi e meno consistenti incassi».
I conti sono presto fatti: secondo lo studio, l’aumento della concorrenza farà perdere a ogni esercizio commerciale il 5% degli incassi, corrispondente ad oltre 10mila euro. Ma i titolari di panifici e bar dovranno comunque pagare le tasse su questi mancati ricavi, così come richiedono gli studi di settore attualmente in vigore, cioè le cifre che il fisco presume che i commercianti incassino. Se gli studi di settore non saranno ritoccati al ribasso, sottolinea la Cgia, «le maggiori tasse per adeguarsi saranno pari a 6.815 euro». Non solo. «Vogliamo precisare che questi scenari non tengono conto di un’eventuale riduzione dei consumi» ricorda il segretario Bortolussi.
«Non vogliamo essere troppo pessimisti, ma già i costi di adeguamento da noi preannunciati non fanno ben sperare per il benessere delle nostre micro imprese. Serve - conclude il segretario della Cgia di Mestre - una riformulazione degli studi di settore. Altrimenti la nobiltà del decreto Bersani, che evoca libera concorrenza ed europeizzazione, rischia di creare un buco soprattutto nelle tasche dei piccoli imprenditori». Settemila euro all’anno circa di tasse in più rischiano di mettere in crisi i panificatori più piccoli, che non hanno la minima intenzione, però, di farsi «schiacciare» dal decreto Bersani.
«Di sciopero del pane non se ne parla» spiega Antonio Marinoni, presidente dell’Associazione panificatori della provincia di Milano. «Non sarebbe giusto nei confronti dei nostri clienti, che sarebbero costretti ad andare a rifornirsi nella grande distribuzione. Ma ci sono molti modi di reagire a questo decreto, che non farà altro che abbassare il livello del prodotto e mettere in crisi i piccoli esercenti. Una prima risposta - continua Marinoni - potrebbe consistere nel bloccare un’autostrada o una stazione ferroviaria. Molti, all’interno della nostra associazione sono convinti che questo sia il modo più efficace di protestare. Altri vorrebbero, invece, seguire il metodo più morbido: la distribuzione gratuita di michette e panini nelle piazze d’Italia, così da sensibilizzare gli italiani sulle ragioni della nostra protesta. Se questi metodi non funzioneranno - minaccia Marinoni - ci costringeranno, e di questo sono tutti convinti, allo sciopero fiscale: ci rifiuteremo di pagare la seconda rata dell’Irap, in scadenza a ottobre». La protesta comincerà con il metodo «morbido». I panificatori di Roma aderenti alla Confcommercio hanno deciso di protestare mercoledì prossimo contro il decreto Bersani. In occasione della manifestazione, ci sarà una distribuzione gratuita di pane.
Nel frattempo, conclude Marinoni «ci stiamo muovendo anche a livello politico. Abbiamo dalla nostra parte circa 60 parlamentari, metà della maggioranza e metà dell’opposizione, che si sono dimostrati sensibili alle nostre proteste e che ci hanno promesso di fare valere le nostre istanze in sede di votazione del decreto».

Il ministro Bersani è avvisato.

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