Egidio Sterpa
Estate ad elevata temperatura, autunno periglioso, inverno rigido con possibile trauma. È il calendario meteorologico del governo Prodi. La stagione meno pericolosa, anche se la più calda e pericolosa politicamente, è lestate, grazie al patriottismo del Cavaliere, che già oggi al Senato lascerà passo libero sulla questione afghana.
Lappuntamento è alla ripresa fra autunno e inverno, quando arriverà in Parlamento la Finanziaria. Oggi Prodi può scherzare - «è più sexy», ha detto ieri laltro al Corriere della Sera (un po goffamente, riconosciamolo) - ma non sarà così nei prossimi mesi. Lo sa così bene anche lui, che non esita a dichiarare: «Se il mio governo perde, si va ai voti». Lo dice come monito ai riottosi della sua amletica maggioranza, sperando che li spaventi il possibile congedo. Moniti allopposizione non servono, perché i sondaggi, questa volta veri, le attribuiscono più del 50 per cento. È la maggioranza, semmai, che deve temere un nuovo voto. Già, ma perché mai cè chi parla di «grande coalizione». Lo ha fatto Tremonti in una intervista a Repubblica. Perché? Ragioniamoci un po.
Certo, è impensabile che Prodi resista per cinque anni solo grazie al voto dei senatori a vita. Quanto può durare una maggioranza carica di contraddizioni e unita dallantiberlusconismo? Lallarme viene dal suo interno. Il giovane Letta, luogotenente di Prodi a Palazzo Chigi, ha lanciato lidea dellallargamento della maggioranza. Ma allargare come? Sostituendo un pezzo della maggioranza con un pezzo dellopposizione? Oppure unoperazione di compravendita parlamentare? Quali siano le vere intenzioni di Letta e se egli si sia fatto portavoce dello stesso Prodi, interessa poco. Sì, cè qualche frangia dellopposizione che segnala il dissenso interno, ma a che cosa punta? È solo voglia di autonomismo o è una spinta trasformistica? Non ce la sentiamo di pensare che chi sogna un grande centro sia disponibile a svendere un progetto fino allumiliazione di un assorbimento.
Allo stato delle cose cè solo spazio per operazioni trasformistiche, che la nostra buona fede e la coscienza nobile che abbiamo della politica ci portano ad escludere. Del resto, ci pensa Parisi, laltro più anziano luogotenente «militarizzato» da Prodi, a scoraggiare operazioni rischiose: «Questa maggioranza o le urne - dice - senza se e senza ma». Saranno esibizioni muscolari, ma tolgono ogni illusione: la coalizione di Prodi è decisamente sinistra-centro e per ora non cè alternativa centrista. Ma allora la «grande coalizione» ipotizzata da Tremonti? Dice il proponente: «È latto contrario del Grande centro. Non è permanente ma temporanea, mirata a obiettivi fondamentali nellinteresse del Paese». Il modello sarebbe quello tedesco della Merkel. Significa che si ipotizza e si aspetta la caduta di Prodi? Il che, intendiamoci, non è improbabile, ma assai improbabile è che si creino le condizioni per una Grosse Koalition. Certo, Letta non a caso cerca lallargamento della maggioranza: paventa sfarinamenti interni e non cè chi non veda che dietro langolo cè DAlema. Ma qui siamo in Italia, non in Germania, dove un bipolarismo vero cè da ben mezzo secolo e una Grosse Koalition è quasi uno sbocco naturale. No, non è proprio cosa italiana. Né, diciamolo, si vede alcun nesso tra la proposta Tremonti e lidea di Letta. Lasciamo dunque congetture maligne.
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