(...) io ero appena iscritto e lui già segretario provinciale di Firenze - e so bene che il suo è un carattere da «toscanaccio»: allegro, spericolato, sempre pronto alla battuta e alla chiacchiera. Un carattere che si è tradotto in uno stile di fare politica, molto comunicativo e mediatico. È in fondo lo stile che va per la maggiore da una ventina di anni a questa parte e che ha sempre premiato chi se ne fa interprete. E tutti sappiamo chi, negli ultimi anni, si è dimostrato insuperabile campione di teatralità sulla scena politica italiana.
Questo modello non è il mio e su questo concordo pienamente con lei. Il mio è un carattere «ligure»: un po più chiuso, non meno affabile, ma attento alle piccole cose. Noi liguri siamo gente riflessiva, poco portati allo «spreco» di parole e abituati da sempre a misurarci sulla sostanza delle cose. Come per Matteo, anche il mio carattere si è tradotto in uno stile di fare e intendere la politica, che per me è esercizio di sobrietà, serietà e concretezza. Al «coraggio di promettere» grandi balzi in avanti preferisco il coraggio di farne costantemente qualcuno, forse più piccolo, ma di quelli da cui non si possa tornare indietro. Riconosco nel mio stile il messaggio di fondo di questa affermazione di Giovanni Giolitti, grande politico italiano del periodo a cavallo fra '800 e '900: «Mi mancheranno le parole, mi mancherà non so che cosa, ma quando ho finito di dire quello che devo dire mi è impossibile continuare ancora a parlare».
Da quando sono segretario regionale credo di aver fatto molto per il mio Partito e per la Liguria. Come prima cosa ho cercato di portare un po' di sana cultura della competenza, della professionalità e del merito. L'ho fatto nella scelta di un esecutivo di persone competenti, che mi onoro di avere in squadra con me. Non ho poi avuto paura nel denunciare il rischio che questo partito diventi incapace di un ricambio generazionale. Per questo abbiamo dato spazio ai giovani. L'età media dei nostri dirigenti è largamente inferiore a quella degli elettori liguri e dei dirigenti nell'economia e nella cultura. Tutto questo la dice lunga su quanto radicale sia il cambiamento in corso. Da un anno mi sono speso per posizionare il Partito in prima linea nel contrasto all'illegalità e in particolare nella lotta alle mafie, una realtà brutalmente presente nel ponente ligure. Alle elezioni regionali ho spinto affinché il PD presentasse liste senza indagati e per far rispettare, come avvenuto, il limite dei mandati previsto dalle nostre regole. Anche questo è lavorare per il rinnovamento. Come Partito Democratico ci siamo infine posti quale perno di una larga alleanza, dall'UDC alla sinistra. «Un'ammucchiata», direbbe forse Renzi; nella realtà una scelta che gli elettori hanno condiviso e premiato, che ci ha permesso di fermare l'avanzata della Lega - unica regione del Nord - e di confermarci alla guida della Regione, governando uniti la difficilissima fase che stiamo vivendo.
Ecco alcuni dei risultati conseguiti dal Partito Democratico della Liguria negli ultimi anni. Queste cose Basso le dice, ma le dice dopo che sono diventate realtà.
La politica italiana non vola alto. Oggi è ridotta a uno spettacolo dove non si va oltre la messa in scena del volo. Si spicca il volo quel tanto da apparire sui titoli dei giornali e poi si torna a cinguettare sui rami. In tutto ciò io non mi riconosco. Si dovrebbe volare alto per attraversare grandi distanze. E si dovrebbe volare in alto insieme, perché nessuno può essere lasciato indietro. Contano poco i piumaggi sgargianti o le voci melodiose; serve il senso della direzione, un battito d'ali costante e lo spirito di gruppo.
Perché le più incredibili migrazioni le compiono stormi spesso giganteschi. E, nella grande migrazione verso il futuro, non conta chi vola più alto; conta il numero di quanti, insieme a te, arrivano a destinazione.
*segretario regionale Pd
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