La battaglia kazaka dell’Eni si tinge di giallo

Atteso per domenica l’inizio di nuovi colloqui La tattica negoziale e gli interessi dei russi

da Milano

La trattativa tra il consorzio di compagnie petrolifere guidato dall’Eni e il governo del Kazakistan sul giacimento di Kashagan sembra davvero avviata verso il rush finale. A farlo pensare è paradossalmente il piccolo giallo scoppiato ieri. Quello di Kashagan è il più importante giacimento petrolifero scoperto negli ultimi decenni, ma i rapporti tra il consorzio internazionale e il governo di Astana hanno subito negli anni dei bruschi alti e bassi. Ieri l’agenzia russa Interfax riportava l’intenzione del Kazakistan di sciogliere il consorzio. Passava poco tempo e l’agenzia Apcom da Mosca riferiva una dichiarazione del ministero dell’Energia kazako che «non confermava» le notizie riportate da Interfax. Alla precisa domanda se il ministero smentiva le indiscrezioni dell’agenzia russa, il portavoce ribadiva che «non confermava», ma aggiungeva pure che oggi sarebbero ripresi i colloqui che entro due o tre giorni dovrebbero portare all’accordo finale. Tutto secondo un collaudato copione centro-asiatico, quindi, fatto di docce fredde e di rassicurazioni, di minacce di rotture seguite da mani tese.
Ieri doveva essere il giorno buono per chiudere le discussioni e andare alla firma dopo mesi di tira e molla. Ma evidentemente il governo di Astana non si era ancora divertito abbastanza e mercoledì scorso aveva annunciato che l’incontro sarebbe stato rimandato perché il presidente Nazardayev aveva impegni precedenti. Era vero, ma la cosa aveva il sapore di un ennesimo rinvio per alzare la posta. Sensazione confermata ieri: i russi in Kazakistan e in tutta l’Asia centrale ex sovietica conservano importanti interessi e nulla impedisce loro di inserirsi nel gioco. Non bisogna infatti dimenticare che oggi gas e petrolio kazaki per arrivare in Europa devono passare attraverso la Russia e che il colosso moscovita Gazprom ha il monopolio del trasporto. E non a caso Mosca non vede di buon occhio il progettato collegamento che, passando sotto il Mar Caspio, unirebbe il Kazakistan con l’Azerbaigian che toglierebbe alla capitale russa l’esclusiva sul trasporto. Qualcuno da Astana ha evidentemente dato l’imbeccata a Interfax che si è prestata al gioco.
Insomma, una partita difficile e complessa che comunque sembra avviarsi verso una conclusione positiva. Senza dimenticare che secondo fonti petrolifere americane (che non hanno però trovato conferme in Italia) negli ultimi anni in cui Vittorio Mincato era alla guida dell’Eni i rapporti tra il consorzio e il governo di Astana avevano superato una crisi ben peggiore di quella attuale, che viene pubblicizzata dal Paese centroasiatico, mentre allora la cosa era passata sotto silenzio, o quasi. I prossimi giorni ci diranno quali sono i contenuti dell’accordo in maniera più precisa.

Sembra comunque che sia stata raggiunta un’intesa di massima per un «risarcimento» tra i 3 e i 3,5 miliardi di dollari per i ritardi nell’avvio dell’estrazione del greggio, mentre l’ente petrolifero statale kazako, KazMunaiGas, dovrebbe ottenere una quota paritetica con i grandi operatori del consorzio, tra cui Eni ed ExxonMobil.

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