Antonella Aldrighetti
Lattuazione delle politiche di razionalizzazione sulle risorse sanitarie regionali, che passa attraverso una disparità di trattamento nellutilizzo dei servizi essenziali fra i cittadini del Lazio e quelli extracomunitari, crea sconcerto anche al ministero della Salute. Già, perché se i residenti della regione dovranno accontentarsi di vedersi somministrate con il contagocce le prestazioni dei medici di famiglia, gli extracomunitari dovranno invece abituarsi a frequentare più assiduamente gli studi medici. Ragguagli dinanzi ai quali lo stesso sottosegretario alla Salute, Cesare Cursi, ritiene di dover evidenziare che «la disponibilità a una rivisitazione delle prescrizioni mediche fosse in contraddizione con quanto gli stessi medici di medicina generale attraverso la Fimmg affermano. Si tratta infatti di verificare che le misure di prevenzione, gli screening per evitare patologie particolarmente difficili, gli esami diagnostici e le visite specialistiche riguardassero solo i cittadini di Roma e Lazio mentre lo stesso trattamento non dovrebbe valere per gli extracomunitari». Eppure limpegno a incrementare le prescrizioni di visite specialistiche agli extracomunitari, partito dai medici di base lindomani della firma dellaccordo integrativo con lassessorato alla Sanità, la dice lunga sulla logica da seguire. Pura dialettica? Sembrerebbe qualcosa di più perché la logica portata avanti dal sindacato dei medici di medicina generale (Fimmg) riguarda il fatto che i cittadini non comunitari che vivono e lavorano nella regione, pur soffrendo delle stesse patologie dei coetanei laziali, non badano troppo a curarsi e soprattutto a fare, seriamente, prevenzione. E quindi? Devono essere educati a farla e la Fimmg sarà in prima fila nel proporre metodo e programmazione. Sarà pure così ma lo stesso sottosegretario Cursi sollecita, in tal senso, lassessore Augusto Battaglia a «una precisa presa di posizione perché, siamo convinti che sulla sanità non sia possibile seguire la strada di due pesi e due misure». Queste, che altro non sono che promesse elettorali, servono a poco, perché dopo il 9 e 10 aprile i cittadini del Lazio nonostante le buone intenzioni dellassessore Battaglia continueranno a trovare notevoli difficoltà per affrontare in maniera adeguata i problemi della sanità». Vale a dire che se la spesa sanitaria dovrà tirare la cinghia, sarà a 360 gradi e senza discriminazione alcuna.
Ma basterà davvero tirare la cinghia per migliorare lofferta? «I fatti tendono a dover allargare il discorso altrove. Cè bisogno di rimettere in moto quegli accordi territoriali che erano già avviati nel 2004 dallAsp in collaborazione con la Fimmg - asserisce Domenico Gramazio (An), ex presidente dellAgenzia di sanità pubblica - solo così si perseguono quei percorsi preferenziali e virtuosi che favoriscono la strada della prevenzione, con leducazione alla prevenzione e pure labbattimento delle liste dattesa. Misure che producono, in concreto, un congruo miglioramento di tutta lofferta sanitaria».
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